Passaggi cruciali – Sabato della III settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Passaggi cruciali – Sabato della III settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

21 Gennaio 2024 0 Di Pasquale Giordano

Sabato della III settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

2Sam 12,1-7.10-17   Sal 50  

Dio onnipotente ed eterno,

guida le nostre azioni secondo la tua volontà,

perché nel nome del tuo diletto Figlio

portiamo frutti generosi di opere buone.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dal secondo libro di Samuèle 2Sam 12,1-7.10-17

Ho peccato contro il Signore.

In quei giorni, il Signore mandò il profeta Natan a Davide, e Natan andò da lui e gli disse: «Due uomini erano nella stessa città, uno ricco e l’altro povero. Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero, mentre il povero non aveva nulla, se non una sola pecorella piccina, che egli aveva comprato. Essa era vissuta e cresciuta insieme con lui e con i figli, mangiando del suo pane, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno. Era per lui come una figlia. Un viandante arrivò dall’uomo ricco e questi, evitando di prendere dal suo bestiame minuto e grosso quanto era da servire al viaggiatore che era venuto da lui, prese la pecorella di quell’uomo povero e la servì all’uomo che era venuto da lui».

Davide si adirò contro quell’uomo e disse a Natan: «Per la vita del Signore, chi ha fatto questo è degno di morte. Pagherà quattro volte il valore della pecora, per aver fatto una tal cosa e non averla evitata». Allora Natan disse a Davide: «Tu sei quell’uomo! Così dice il Signore, Dio d’Israele: “La spada non si allontanerà mai dalla tua casa, poiché tu mi hai disprezzato e hai preso in moglie la moglie di Urìa l’Ittita”. Così dice il Signore: “Ecco, io sto per suscitare contro di te il male dalla tua stessa casa; prenderò le tue mogli sotto i tuoi occhi per darle a un altro, che giacerà con loro alla luce di questo sole. Poiché tu l’hai fatto in segreto, ma io farò questo davanti a tutto Israele e alla luce del sole”».

Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il Signore!». Natan rispose a Davide: «Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai. Tuttavia, poiché con quest’azione tu hai insultato il Signore, il figlio che ti è nato dovrà morire». Natan tornò a casa.

Il Signore dunque colpì il bambino che la moglie di Urìa aveva partorito a Davide e il bambino si ammalò gravemente. Davide allora fece suppliche a Dio per il bambino, si mise a digiunare e, quando rientrava per passare la notte, dormiva per terra. Gli anziani della sua casa insistevano presso di lui perché si alzasse da terra, ma egli non volle e non prese cibo con loro.

Il doloroso cammino di penitenza e conversione

Dio non sceglie uomini perfetti ma persone che, come tutti hanno bisogno costantemente di aiuto per superare i propri limiti e crescere. Questo vale a maggior ragione per chi è costituito in autorità e ha il compito di fare giustizia. Il re esercita il potere giudiziale che è finalizzato a ristabilire la giustizia a vantaggio soprattutto dei poveri che, più degli altri, rischiano di essere vittime del sopruso. La tentazione dell’abuso del potere insidia il buon governo e quando questo accade gli effetti sono a catena, come mostra la vicenda del peccato di Davide. In questa situazione come agisce il Giudice supremo? Il profeta si fa portavoce del giudizio attraverso una parabola. Essa ha il compito di suscitare in Davide il giudizio che poi diventa un auto-giudizio. La sentenza emessa dal re è ispirata dal principio della retribuzione. Il medesimo principio è utilizzato da Dio per la sentenza contro il re che è condannato alla pena secondo la legge del contrappasso. In realtà, l’enunciazione della sentenza sortisce l’effetto sperato: l’ammissione di colpa. Questa fa guadagnare a Davide la cancellazione della condanna, ma non la pena. Il peccato non è mai senza effetto perché la conseguenza è la morte e, come in questo caso, la morte di un innocente. La malattia e la sofferenza del bambino inducono il penitente ad elevare suppliche e a fare digiuni per la vita dell’innocente. La pietà che non ha avuto per Uria, Davide la sente e la manifesta per un altro innocente. La sua morte sta ad indicare che non si può tornare indietro, come anche Uria non potrà tornare indietro, per quanto di faccia penitenza.

+ Dal Vangelo secondo Marco Mc 4,35-41

Chi è costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?

In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.

Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».

Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».

E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

Passaggi cruciali

«Passiamo all’altra riva!». Il discepolato è il progressivo cammino della fede guidato da Gesù che indica la direzione di marcia. La traversata da una riva all’altra traduce in immagine le esperienze che fungono da riti di passaggio verso una fede più consapevole. Ogni cambiamento è vissuto come un passaggio a cui fatichiamo ad adattarci. Non è facile seguire Gesù e chi pensa che la fede sia un calmante si scontra con le sue continue provocazioni e le spinte ad andare oltre i nostri limiti.

«Lo presero con sé, così com’era, nella barca». L’accettazione incondizionata di sé e dell’altro non significa rinunciare ad affrontare i dubbi e le paure di cui una relazione è disseminata. Il timore di esporsi al conflitto, che porterebbe ad un punto di rottura, induce alla reticenza mascherata da tolleranza. Il silenzio, che nasce dalla presunzione di poter risolvere da sé stessi i problemi continuando a far finta di nulla, a lungo andare scava un abisso profondo tra le persone che si avvertono distanti l’una dall’altra. Il dramma che si consuma sulla barca, che è sul punto di affondare, trova il suo culmine quando finalmente la diffidenza degli apostoli viene verbalizzata nell’atto di accusa contro Gesù: «Non ti importa che siamo perduti?».

La risposta di Gesù sta nella sua parola autorevole come quella usata nella sinagoga di Cafarnao contro lo spirito impuro che aveva disprezzato le sue origini, travisato la sua missione e millantato la sua conoscenza. Non è forse questa la poca fede: guardare l’altro e interpretare i suoi gesti fermandosi al proprio punto di vista senza cercare la verità oltre l’apparenza?

Fin quando la parola di Gesù non tocca la propria carne e non lo si accoglie nel cuore, nella parte più vulnerabile e povera della propria persona, lì dove duellano la vita e la morte, non ci si porrà mai la domanda cruciale: «Chi è costui?». Questa è la porta che fa passare dall’immaginare l’altro all’incontrarlo, dal volerlo comprendere al volersi cambiare, dal sapere di lui al gustarlo, dall’innamorarsi all’accompagnare e lasciarsi accompagnare da Gesù.

Quando giunge la sera, il vociare della folla cede il posto al silenzio e si placa l’agitazione dell’attivismo per godere il giusto riposo; la tua parola, Signore Gesù, provoca ad andare oltre i luoghi comuni o le abitudini mentali e pratiche senza fuggire la necessaria verifica.

Signore Gesù, ti accosti a me con delicatezza e rispetto comunicandomi la tua affettuosa vicinanza senza giudicarmi. Quando fraintendo la tua umiltà o strumentalizzo la tua pazienza la tua parola mi scuota dal torpore della pigrizia e mi distolga dalla logica della comodità. Per andare avanti mi induci ad attraversare il mare del silenzio che abita il cuore per dare finalmente voce ai dubbi e alle paure che lo turbano come la barca in mezzo alla tempesta. Donami il coraggio di pormi domande scomode che mi aiutino a lasciare la riva sicura delle mie idee per andare verso l’altro con il desiderio di conoscerlo e amarlo per quello che è.