Il cuore della fede nelle periferie esistenziali – Sabato della XII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Il cuore della fede nelle periferie esistenziali – Sabato della XII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

30 Giugno 2023 0 Di Pasquale Giordano

Sabato della XII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Gen 18,1-15   Lc 1 

Donaci, o Signore,

di vivere sempre nel timore e nell’amore per il tuo santo nome,

poiché tu non privi mai della tua guida

coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dal libro della Gènesi Gen 18,1-15

C’è forse qualche cosa d’impossibile per il Signore? Tornerò da te e Sara avrà un figlio.

In quel tempo, il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno.

Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto».

Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce». All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.

Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».

Intanto Sara stava ad ascoltare all’ingresso della tenda, dietro di lui. Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne. Allora Sara rise dentro di sé e disse: «Avvizzita come sono, dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!».

Ma il Signore disse ad Abramo: «Perché Sara ha riso dicendo: “Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia”? C’è forse qualche cosa d’impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te tra un anno e Sara avrà un figlio».

Allora Sara negò: «Non ho riso!», perché aveva paura; ma egli disse: «Sì, hai proprio riso».

La visita di Dio per donare il sorriso

Non c’è soluzione di continuità tra la scena della circoncisione e la nuova apparizione del Signore alla Quercia di Mamre. La visita del Signore avviene in incognito attraverso tre uomini verso i quali Abramo corre loro incontro per invitarli a fermarsi da lui e accettare la sua ospitalità. Il Patriarca, appena circonciso e che ha circonciso anche tutti i maschi del clan, è entrato nell’alleanza e gli effetti si vedono nell’apertura all’alterità.

Il banchetto che Abramo offre celebra l’alleanza sancita con il Signore attraverso la circoncisione. I verbi prendere e mangiare sono gli stessi che si trovano in Gen 3,6 quando Adamo ed Eva sotto l’albero della conoscenza del bene e del male prendono un cibo che non è loro dato da mangiare. Al contrario di quel pasto, quello sotto la quercia di Mamre è consumato non con cupidigia ma con spirito di condivisione e comunione. Infatti Abramo e Sara prendono da ciò che è proprio e lo offrono, mentre i progenitori hanno fatto proprio ciò che non apparteneva loro. L’alleanza vera è quella che si regge su relazioni di condivisione non di appropriazione.

Questo tipo di alleanza inaugurata con la circoncisione apre alla fecondità. Infatti, durante il banchetto il discorso va sulla maternità di Sara. La reazione di Sara è la stessa di Abramo quando Dio specifica due volte che il figlio della promessa nascerà da Sara. Anche in quel caso Abramo aveva riso.

L’annuncio della nascita di un figlio da Abramo e Sara per lui è una conferma mentre per lei è una novità alla quale reagisce nello stesso modo con il quale aveva reagito suo marito. Abramo e Sara sono accomunati dalla benedizione ma anche dalla loro incredulità frammista a speranza. Il riso di Sara viene smascherato per avere l’occasione di ribadire l’impegno di Dio a cui nulla è impossibile. Nei due anziani coniugi albergano scetticismo e speranza. Il primo sembra avere il sopravvento, eppure non si rinuncia a quella speranza che permette comunque di non rassegnarsi e di aprirsi alle sorprese di Dio.

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 8,5-17

Molti verranno dall’oriente e dall’occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe.

In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».

Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». E Gesù disse al centurione: «Va’, avvenga per te come hai creduto». In quell’istante il suo servo fu guarito.

Entrato nella casa di Pietro, Gesù vide la suocera di lui che era a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre la lasciò; poi ella si alzò e lo serviva.

Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la parola e guarì tutti i malati, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:

“Egli ha preso le nostre infermità

e si è caricato delle malattie”.

Il cuore della fede nelle periferie esistenziali

La preghiera che il centurione romano rivolge a Gesù lo commuove e lo stupisce. L’amore per il suo servo che traspare dalla supplica del soldato colpisce Gesù che risponde subito dichiarandosi disponibile a seguirlo per guarire il malato che soffre terribilmente. La fede del capo militare è impregnata di compassione per il suo servo del quale fa sua la sofferenza che l’affligge. Egli si fa portavoce dell’infermo e prega Gesù per lui. La sua fede appare ancora più cristallina quando, riconoscendo il limite della sua autorità, si appella a quella superiore di Gesù il cui comando sarà certamente eseguito. Dalle parole del centurione traspare la paura di perdere un servo fedele e buono; tuttavia non si lascia prendere dalla disperazione o dalla rabbia, ma si rivolge supplichevole a colui che egli stesso non si ritiene degno di ospitare nella sua casa. La grandezza della fede, lodata anche da Gesù, non consiste nell’eloquio forbito e convincente o nell’elenco di meriti, ma nella profonda umiltà con la quale riconosce la sua indegnità e la salda fiducia sulla quale radica la convinzione dell’efficacia della parola del Signore. Quando sembra che ogni sforzo personale sia inutile per salvare una persona cara, proprio allora bisogna pregare più intensamente e dai confini della disperazione andare verso il cuore di Dio deponendo in lui ogni preoccupazione e afflizione e credendo fermamente che la sua volontà, la quale è sempre a favore dell’uomo, si compie. Avviene solo ciò che si crede anche non vedendo. Dio dice il suo amen alla umile fiducia dell’uomo che chiede la salvezza. Gesù la offre anche chi non la chiede perché la fede, bloccata dall’infermità dello spirito, possa rifiorire in un servizio generoso come avviene alla suocera di Pietro.  

Signore Gesù, che ti commuovi davanti alla sofferenza dell’uomo e ammiri tanto la solidarietà degli amici, ascolta la supplica che ti rivolgo con la medesima umile consapevolezza e la stessa coraggiosa fede del centurione. Davanti a Te non contano le umane credenziali ma semplicemente un cuore che sa accogliere il dolore del fratello e che si fa altare per offrirlo nelle mani del Padre. Tu, Signore, al quale nulla è estraneo o indifferente, ascolta la preghiera del misero, anche quella che non si esprime con parole ma che ti raggiunge attraverso il silenzio. La tua Parola sia carezza che rialza, medicina che guarisce, conforto ai sofferenti, coraggio ai vacillanti, benedizione a chi crede in Te.