«Per aspera ad astra» – San Carlo Lwanga e compagni

«Per aspera ad astra» – San Carlo Lwanga e compagni

3 Giugno 2020 0 Di Pasquale Giordano

San Carlo Lwanga e compagni

2Tm 1,1-3.6-12   Sal 122  

+ Dal Vangelo secondo Marco (Mc 12,18-27)

Non è Dio dei morti, ma dei viventi!

In quel tempo, vennero da Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e lo interrogavano dicendo: «Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che, se muore il fratello di qualcuno e lascia la moglie senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie, morì e non lasciò discendenza. Allora la prese il secondo e morì senza lasciare discendenza; e il terzo egualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, quando risorgeranno, di quale di loro sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 

Rispose loro Gesù: «Non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio? Quando risorgeranno dai morti, infatti, non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. Riguardo al fatto che i morti risorgono, non avete letto nel libro di Mosè, nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: “Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe”? Non è Dio dei morti, ma dei viventi! Voi siete in grave errore».

«Per aspera ad astra»

Nel tempio di Gerusalemme, dopo la discussione con il gruppo dei farisei e degli erodiani circa la liceità del tributo dovuto a Cesare, è la volta dei rappresentanti dei sadducei che tentano di mettere in difficoltà Gesù sul tema della risurrezione, in cui essi non credevano. Infatti, questa fazione all’interno del mondo giudaico era costituita in gran parte dalla nobiltà e dai benestanti per i quali l‘agiatezza economica di cui godevano era indice della benedizione di Dio, per cui essi non ambivano a nessun altro tipo di miglioramento della loro condizione di vita. Partendo dalla legge del “levirato”, che concedeva la possibilità al parente più prossimo del marito defunto di dargli una discendenza sposando la vedova da cui non aveva generato figli, i sadducei raccontano un aneddoto paradossale, ma possibile, per dimostrare l’impossibilità della risurrezione.

Gesù replica sottolineando che i sadducei sono in grave errore perché non conoscono le Scritture né la potenza di Dio. La Scrittura non può essere estrapolata dal suo contesto ed usata per avallare le proprie tesi. Il primo errore è l’uso strumentale della parola di Dio. L’altro errore consiste nell’escludere praticamente Dio dall’orizzonte della propria vita o affidargli un ruolo estremamente marginale. L’uno e l’altro errore inducono a impostare le relazioni con Dio e con gli altri in termini utilitaristici e a finalizzarle all’ottenimento di qualche beneficio puramente materiale. 

La mentalità impregnata di materialismo alimenta la tendenza ad accumulare per sé perché il giorno migliore è quello presente nel quale godersi la vita. Il motto dei materialisti è “goditi la vita” presente. È bello e vero solamente ciò che è utile al piacere personale e del momento. Il godimento nel tempo presente diventa il fine della propria vita. In quest’ottica Dio appartiene al mondo dei morti cioè a quella realtà nella quale non si gioisce perché, dopo aver lasciato ogni bene, non si possiede e non si gode. Anche noi possiamo correre il rischio, che non è assolutamente remoto, di associare la felicità al godimento dei beni terreni nel momento presente e la tristezza alla perdita di essi con la morte in quello futuro. Di Dio e della vita dopo la morte abbiamo un’idea oscura come le ombre nelle quali i defunti sembrano sprofondare. 

Gesù, rifacendosi alla Scrittura, ricorda che il Dio d’Israele in cui si crede si è presentato a Mosè come il Dio dei viventi, non dei morti. La risurrezione non è la condizione della vita dopo la morte fisica, ma è lo stato della vita presente se vissuta in comunione con Dio. La vita non è qualcosa di cui godere ma è una relazione d’amore che s’intesse quotidianamente tra le persone. La risurrezione è la condizione di vita di Dio partecipata in questo tempo all’uomo che credendo in lui si lascia trasformare nel cuore e nella mente. La risurrezione è la potenza dell’amore di Dio di cui possiamo fare esperienza nella relazione con Gesù. È Lui che ci dona lo Spirito Santo che lo ha risuscitato dai morti e lo rende a noi sempre presente. Lo Spirito Santo è il Signore che dà la vita, sì, la vita eterna, la vita stessa di Dio eterno, l’amore senza fine. Il bene più prezioso da desiderare è lo Spirito Santo che ci fa passare dalla morte del peccato, il nostro egoismo, alla vita vera, quella che ogni giorno fa dono di sé agli altri. Solo in questa visione anche quelle esperienze che ci appaiono fallimentari e sterili contengono in sé la luce della speranza della vita eterna. Dove facciamo entrare Dio nella nostra vita lì la momentanea sofferenza si trasforma in gioia perenne e definitiva. Non accontentiamoci di cercare la felicità in qualcosa di momentaneo e passeggero; ma siamo confortati dalla certezza che grazie alla bontà misericordiosa di Dio, oggi ci viene data la gioia come piccole gocce che fanno fiorire anche il deserto più arido. Pur tra le tante asperità della vita terrena progrediamo nel cammino della santità affrontando e superando ogni difficoltà tenendo fisso lo sguardo al cielo dove è riservata per noi la gioia della comunione dei santi. 

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!