La bottega del falegname, laboratorio di vita e di fede – San Giuseppe Lavoratore

La bottega del falegname, laboratorio di vita e di fede – San Giuseppe Lavoratore

30 Aprile 2024 0 Di Pasquale Giordano

San Giuseppe Lavoratore

Gen 1,26-2,3   Sal 89  

O Dio, che hai chiamato l’uomo a cooperare con il lavoro

al disegno della tua creazione,

fa’ che per l’esempio e l’intercessione di san Giuseppe

siamo fedeli ai compiti che ci affidi,

e riceviamo la ricompensa che ci prometti.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.

Dal libro della Gènesi (Gen 1,26-2,3)

Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.

Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».

E Dio creò l’uomo a sua immagine;

a immagine di Dio lo creò:

maschio e femmina li creò.

Dio li benedisse e Dio disse loro:

«Siate fecondi e moltiplicatevi,

riempite la terra e soggiogàtela,

dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo

e su ogni essere vivente che striscia sulla terra».

Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno.

Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando.

Lavorare per la pace

Il racconto del Libro della Genesi presenta la creazione come l’opera del lavoro di Dio. Il creato, formato mediante la parola che mette ordine nel caos originario, è il laboratorio nel quale l’uomo è chiamato ad operare imitando nel suo lavoro quello di Dio. La creazione dell’umanità è il capolavoro di Dio. La creazione dell’umanità non segna la fine dell’opera di Dio ma il suo compimento e il suo fine ultimo. Il fermarsi dal lavoro conferisce ad esso il suo significato più pieno. Infatti, il primo sabato è celebrato da Dio come il giorno a lui consacrato. È il giorno del Signore nel quale Dio e l’umanità godono insieme del frutto del loro lavoro. Il fine della creazione, e dunque del lavoro, è la festa intesa come condivisione della gioia nella compartecipazione dei beni. Nel giorno di sabato si celebra la creazione intesa come armonia e alleanza tra realtà diverse e distinte ma accomunate dal fatto di essere state create tutte dalla Parola. Dal sabato L’umanità attinge il senso e il fine del suo lavoro: creare armonia e comunione.

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 13,54-58

Non è costui il figlio del falegname?

In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

La bottega del falegname, laboratorio di vita e di fede

Gesù è individuato come il «figlio del falegname». Per la gente di Nazaret Giuseppe è indentificato con il suo lavoro per dire che le competenze che si aspettavano di vedere in Gesù erano quelle imparate alla bottega del padre. Essi si stupiscono che invece Gesù sia capace di offrire insegnamenti autorevoli e di fare prodigi. I paesani di Gesù rimangono scandalizzati perché non sono capaci di fare una vera sintesi tra fede e vita. È come se la Parola di Dio, e i segni da essa prodotti, appartenessero ad una sfera altra rispetto a quella della vita ordinaria. Quello che potrebbe suonare come un disprezzo è per Gesù un onore perché le sue parole e i suoi gesti rivelano la carica altissima di umanità in essi contenuti. Gesù ha imparato alla bottega del padre che la vita è un continuo laboratorio e che la fede è esperienza attraverso la quale si scopre sempre di più l’amore di Dio e la propria vocazione ad amare. Nel vangelo non si riporta nessuna parola di Giuseppe ed è facile immaginare anche che i lunghi silenzi, accompagnati dal suono della pialla o dello scalpello, siano stati i momenti più intensi nei quali Gesù ha imparato a dare valore alle parole e ai gesti mettendoli insieme in una relazione di coerenza. L’autorevolezza del suo insegnamento deriva dal rapporto di consequenzialità tra il dire e il fare, proprio come è sottolineato nel primo racconto della creazione in cui Dio realizza quello che dice. 

Signore Gesù, figlio del falegname, tu che alla bottega di Giuseppe hai imparato ad usare ingegno e creatività perché ciò che era destinato ad essere gettato potesse avere una seconda vita, insegnami a non disprezzare nulla di quello che mi viene quotidianamente donato dal Cielo e donami la sapienza necessaria perché generosamente e gratuitamente possa mettere a servizio del bene comune i carismi che il Signore mi ha dato.