Appartenere all’unico Bene piuttosto che possedere molti beni – Lunedì della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Appartenere all’unico Bene piuttosto che possedere molti beni – Lunedì della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

29 Giugno 2025 0 Di Pasquale Giordano

Lunedì della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Gen 18,16-33 Sal 102

O Dio, che ci hai reso figli della luce
con il tuo Spirito di adozione,
fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore,
ma restiamo sempre luminosi
nello splendore della verità.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

Dal libro della Gènesi Gen 18,16-33
Davvero sterminerai il giusto con l’empio?

Quegli uomini [ospiti di Abramo] si alzarono e andarono a contemplare Sòdoma dall’alto, mentre Abramo li accompagnava per congedarli.
Il Signore diceva: «Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare, mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti io l’ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui a osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore compia per Abramo quanto gli ha promesso».
Disse allora il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!».
Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore.
Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo».
Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque».
Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta».
Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta».
Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti».
Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci».
Come ebbe finito di parlare con Abramo, il Signore se ne andò e Abramo ritornò alla sua abitazione.

Abramo il giusto perché intercessore misericordioso
Il primo effetto dell’alleanza bilaterale fatta attraverso la circoncisione è la benedizione che da Abramo coinvolge anche Sara. Non è più solo Abramo destinatario della benedizione ma anche sua moglie. In tale modo si ristabilisce un rapporto di alleanza nuovo tra i coniugi fondata sulla comune benedizione la cui fonte è Dio.
Il secondo effetto dell’alleanza con la circoncisione è il rapporto con i popoli stranieri simboleggiati da Sodoma e caratterizzati da una corruzione talmente grande da risultare un grido che giunge fino al cielo. I messaggeri di YHWH non hanno solo la preoccupazione di comunicare la benedizione di Dio a Sara e la sua fecondità, ma anche quella di verificare che la stessa benedizione possa effettivamente raggiungere tutti i popoli, soprattutto quelli corrotti dalla cupidigia. La benedizione vorrebbe essere una forma di cura della malvagità i cui effetti sono distruttivi.
Abramo, che sta per essere benedetto con la nascita del figlio Isacco, deve impegnarsi a dare seguito a questa benedizione insegnando ai suoi figli ad osservare la sua via e agire con giustizia e diritto. In questo contesto Abramo viene coinvolto nel processo di verifica della effettiva malvagità degli uomini di Sodoma che se fosse accertata avrebbe portato alla distruzione della città e dei suoi abitanti.
Senza essere interpellato, Abramo, apprendendo questa notizia assume il ruolo di avvocato della difesa. Abramo non chiede di risparmiare solo gli innocenti e neanche solo suo nipote Lot, ma tutti in forza del fatto che si fossero trovati un certo numero di giusti nella città. La logica che muove Abramo non quella della giustizia retributiva per la quale la salvezza dipenderebbe dai meriti acquisiti, ma dal principio insito nella benedizione ricevuta da Dio. Infatti il fine della giustizia non è godere il premio ma salvare l’altro condividendo il bene, frutto della giustizia. La giustizia promossa da Abramo antepone alla volontà di punire come giusta pena il desiderio di far vivere. È la giustizia feconda e non semplicemente punitiva.
Abramo con una buona dose di sfrontatezza inizia a mercanteggiare e il numero dei giusti per i quali salvare la città arriva fino a dieci. Abramo si ferma a quella cifra perché crede che sia il numero minimo e che ad un certo punto bisogna rassegnarsi o non andare oltre e affidarsi a Dio stesso, sperando che la giustizia di Dio supera le umane aspettative.
Abramo si mostra giusto e capace di insegnare ai figli la giustizia e il diritto. Il senso della giustizia di Abramo supera il principio della retribuzione e si apre a quell’amore universale che rivela, pur con le dovute specificazioni, che la giustizia non esclude la misericordia ma ne è l’essenza. Abramo, viene gradualmente trasformato dall’alleanza con Dio fino al punto di entrare in una confidenza tale che rasenta l’impertinenza.
Gesù è il giusto che si lascerà distruggere, come lo sarà il tempio e la città di Gerusalemme, per ricostruirlo e permettere una vera rinascita. La giustizia è la salvezza che passa attraverso la distruzione, la vita che nasce dalla morte.

Dal Vangelo secondo Matteo Mt 8,18-22
Seguimi.

In quel tempo, vedendo la folla attorno a sé, Gesù ordinò di passare all’altra riva.
Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: «Maestro, ti seguirò dovunque tu vada». Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
E un altro dei suoi discepoli gli disse: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli rispose: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti».

Appartenere all’unico Bene piuttosto che possedere molti beni
La folla radunata attorno a Gesù testimonia la fama crescente di cui gode. Ma egli non vuole essere ingabbiato nelle attese mondane della gente, fossero anche esponenti delle classi più alte ed istruite della società come lo scriba che si autocandida a divenire suo discepolo. L’invito a passare all’altra riva non significa che Gesù indichi come meta del discepolato una vita migliore o più facile. Per questo motivo Gesù sembra sgombrare il campo da ogni possibile equivoco e parla di sé come colui che non ha garanzie umane da offrire perché lui stesso vive la precarietà. Benchè sia senza fissa dimora e la sua scuola sia la strada, Gesù punta con i suoi discepoli alla stabilità di fede che si traduce in maturità affettiva ed equilibrio spirituale. Radicato nell’amore di Dio, chi segue Gesù da lui impara ad amarlo con tutto sé stesso e il fratello come il suo prossimo. Questa è la riva verso la quale tende il cammino del discepolo. Egli, infatti, non deve legare la riuscita della sua vita al possesso di beni, ma mira a lasciarsi possedere dal Bene, l’unico Bene, il sommo Bene. Seguendo Gesù il discepolo impara non a possedere ma ad appartenere. Al tale che vorrebbe temporeggiare nel seguire Gesù il Maestro indica nella sequela l’unico modo per assecondare la vera urgenza: diventare santi. Non si deve rimanere sulle sponde della lamentela, della rassegnazione, del vittimismo, della visione mondana della vita, ma bisogna osare ad andare oltre, cioè puntare alla santità. Per passare all’altra riva è necessario affrontare il mare con tutte le sue incognite, ma con la certezza di non essere soli e nella fiducia che chi ci guida conduce ad un approdo sicuro. Ciò che spinge ad andare oltre non sono prospettive tipicamente mondane. Gesù non promette benessere ma assicura la vita eterna, cioè la bellezza dell’essere amati e la capacità di amare.

Preghiamo
Signore Gesù, uomo che hai fatto della strada la tua casa e la tua scuola, donami il coraggio di seguirti senza inutili esitazioni lasciando la riva delle attese e delle pretese umane verso quella della vita nuova, di una mentalità convertita alle esigenze del Vangelo. La tua parola e il tuo esempio di uomo totalmente consegnato alla volontà del Padre mi insegni a non confidare nei beni materiali, sicurezza precaria per chi nella vita cerca punti fermi, ma a lasciarmi conquistare dall’amore di Dio che nulla possiede ma al quale tutto appartiene perché se ne prende cura con tenerezza di madre e premura di padre.