La Legge è sempre mezzo e mai fine, l’uomo è sempre e fine mai mezzo – Sabato della XXII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Sabato della XXII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
1Cor 1,26-31 Sal 32
Dio onnipotente,
unica fonte di ogni dono perfetto,
infondi nei nostri cuori l’amore per il tuo nome,
accresci la nostra dedizione a te,
fa’ maturare ogni germe di bene
e custodiscilo con vigile cura.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 1Cor 4,6-15
Soffriamo la fame, la sete, la nudità.
Fratelli, imparate [da me e da Apollo] a stare a ciò che è scritto, e non vi gonfiate d’orgoglio favorendo uno a scapito di un altro. Chi dunque ti dà questo privilegio? Che cosa possiedi che tu non l’abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l’avessi ricevuto?
Voi siete già sazi, siete già diventati ricchi; senza di noi, siete già diventati re. Magari foste diventati re! Così anche noi potremmo regnare con voi. Ritengo infatti che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all’ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo dati in spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini.
Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi disprezzati. Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo percossi, andiamo vagando di luogo in luogo, ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo; siamo diventati come la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti, fino ad oggi.
Non per farvi vergognare vi scrivo queste cose, ma per ammonirvi, come figli miei carissimi. Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri: sono io che vi ho generato in Cristo Gesù mediante il Vangelo.
La paternità apostolica di Paolo
L’apostolo Paolo ritorna sulla questione delle divisioni all’interno delle comunità dovute all’orgoglio di chi si fa giudice dei capi esaltando uno e squalificando gli altri in base a criteri squisitamente personali. Non riconoscendo la pari dignità di tutti gli apostoli e l’obbedienza dovuta a tutti i capi, senza distinzione dettata da simpatie o antipatie, si afferma la presunzione di poter giudicare gli altri a prescindere dai principi offerti da Dio nel vangelo. Il giudizio è una forma subdola di ricatto col quale si vorrebbe esercitare un potere attraverso il quale piegare gli altri al proprio volere. In altri termini, giudica chi si pone al di sopra degli altri e persino di Dio affermando, nei fatti, la propria autoreferenzialità e il rifiuto di un’autorità superiore donata da Dio. In nome della libertà di espressione e di una presunta autorità ci si arroga il diritto di esprimere giudizi e sentenze. Paolo, come confessa lui stesso ai Corinti, non si comporta come avrebbe fatto un pedagogo con i suoi discenti, usando le maniere forti e castigando, ma sente di essere padre per loro. Infatti, li considera figli e la generazione alla fede un dono di fecondità che Dio padre gli ha dato. Non nasconde l’amarezza ma trasforma l’ira, per l’atteggiamento ingiusto e ingrato nei suoi confronti, in mite e, a tratti, anche ironica esortazione a vivere da figli obbedienti imparando dai capi l’obbedienza a Dio e la fedeltà al Vangelo. La reazione dell’apostolo alle provocazioni dei Corinti testimonia, più di molti altri discorsi a difesa dell’autorevolezza della propria missione, quanto sia veramente un amministratore fedele che pensa nella stessa maniera di Dio. Per amore Gesù non ha rifiutato il supplizio della croce, marchio d’infamia, ma l’ha vissuta fino in fondo per salvare la vita degli uomini. Paolo sa di non essere lui il Salvatore, ma è altrettanto certo che vivendo le umiliazioni come esperienza di comunione con la passione di Cristo (passione d’amore) egli collabora con lui alla redenzione e alla salvezza di tutti gli uomini.
+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 6,1-5
Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?
Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani.
Alcuni farisei dissero: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?».
Gesù rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?».
E diceva loro: «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato».
La Legge è sempre mezzo e mai fine, l’uomo è sempre fine e mai mezzo
I farisei ravvisano subito nel gesto dei discepoli di Gesù una trasgressione della Legge e ne chiedono conto. La risposta alla loro domanda inquisitoria rimanda alla Scrittura che funge da chiave interpretativa della realtà. Non solo la Legge è normativa ma anche l’esperienza di vita. La narrazione indica come coniugare la Legge e la vita reale, quella che spesso ci ricorda che non siamo autosufficienti e che abbiamo bisogno dell’aiuto dell’altro. Ciò che è messo in primo piano è appunto la realtà dell’uomo bisognoso che ha fame. La legge è a servizio del bisogno dell’uomo e in particolare di quello dell’amore. Non è il bisogno che comanda sull’uomo, ma è l’uomo, mettendosi in ascolto di sé e dell’altro, che trova nella pace, compimento del bisogno di amare e di essere amato, la guida per discernere e attuare le scelte più giuste anche quelle che sembrano contraddire la lettera del comandamento. La vera trasgressione della Legge consiste nell’assolutizzarla e, dunque, nell’invertire l’ordine naturale delle cose per il quale il mezzo è in funzione del fine. La salvezza è l’approdo ultimo della vita ed essa consiste nel passaggio dalla soddisfazione del bisogno all’oblazione di sé all’Altro. In definitiva la Legge è data non per sé stessa o come forma di auto salvezza, ma per educare l’uomo alla relazione che va dall’accogliere l’aiuto ad essere aiuto per l’altro.
Signore Gesù, Parola di Dio nella quale è riassunta tutta la Legge, donami la Sapienza per discernere la volontà divina e rimanere sulla via della salvezza. Aiutami a non confondere gli strumenti per ricevere in eredità la vita eterna dalla salvezza che è la meta del cammino terreno e il fine di ogni sforzo umano. Liberami dalla presunzione di potermi salvare da solo con le opere della Legge e dall’orgoglio con il quale giudico l’operato degli altri sulla base di una falsa idea di giustizia. Lo Spirito mi dia intelligenza per cogliere nella Legge il suo nucleo essenziale e, incarnandolo nella vita, mi istruisca per interpretarla secondo verità.