Mostrami come ami e mi dirai in quale Dio credi – Giovedì IX settimana del T. O. (anno pari)

Mostrami come ami e mi dirai in quale Dio credi – Giovedì IX settimana del T. O. (anno pari)

2 Giugno 2024 0 Di Pasquale Giordano

Giovedì IX settimana del T. O. (anno pari)

2Tm 2,8-15   Sal 24

O Dio, che nella tua provvidenza

tutto disponi secondo il tuo disegno di salvezza,

ascolta la nostra umile preghiera:

allontana da noi ogni male

e dona ciò che giova al nostro vero bene.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo 2Tm 2,8-15

Ma la parola di Dio non è incatenata. Se moriamo con lui, con lui anche vivremo.

Figlio mio,

ricòrdati di Gesù Cristo,

risorto dai morti,

discendente di Davide,

come io annuncio nel mio Vangelo,

per il quale soffro

fino a portare le catene come un malfattore.

Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna. Questa parola è degna di fede:

Se moriamo con lui, con lui anche vivremo;

se perseveriamo, con lui anche regneremo;

se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà;

se siamo infedeli, lui rimane fedele,

perché non può rinnegare se stesso.

Richiama alla memoria queste cose, scongiurando davanti a Dio che si evitino le vane discussioni, le quali non giovano a nulla se non alla rovina di chi le ascolta. Sfòrzati di presentarti a Dio come una persona degna, un lavoratore che non deve vergognarsi e che dispensa rettamente la parola della verità.

Fedeltà alla Parola e perseveranza nel ministero

L’apostolo Paolo raccomanda al suo fedele collaboratore Timoteo, che chiama «figlio mio», di attingere «forza dalla grazia che è in Cristo Gesù» per tramandare la tradizione del Vangelo in modo da formare altri ministri che possano annunciare la Parola ai pagani, educare alla fede i credenti e sostenerli nelle prove (cf. 2Tm 2, 1-2). Timoteo, come l’apostolo, incontra resistenze e difficoltà. Proprio attraverso di esse si tempra la fede e si qualifica il ministero rendendolo fecondo perché radicato nell’evento della morte e risurrezione di Gesù. È il Signore risorto che guida la Chiesa e la sostiene con la sua Parola. Essa è la vera forza del credente che non deve scandalizzarsi difronte ai conflitti nei quali e coinvolto, suo malgrado, ma che deve viverli come occasione per combattere la buona battaglia della fede con le armi della giustizia e della misericordia. Timoteo deve sempre avere davanti a sé Gesù Cristo che ha lottato contro il peccato e la morte. In lui si è già vincitori nella misura in cui si partecipa al suo sacrificio per prendere parte anche alla sua gloria che sarà pienamente compiuta nella comunione dei salvati nel giorno ultimo. A questo, infatti, mira il ministero: che tutti possano essere salvati e godere la gioia dei santi. L’apostolo Paolo riprende un inno della tradizione liturgica per incoraggiare Timoteo alla perseveranza nel servizio anche quando questo richiede di morire, sia spiritualmente che fisicamente. Nulla bisogna anteporre al ministero dell’annuncio della parola della verità perché Gesù, facendosi modello del credente e dell’evangelizzatore, ha coltivato in prima persona il primato dell’ascolto di Dio e dell’uomo facendolo seguire da azioni rivelative e comunicative della ricchezza della Grazia.

+ Dal Vangelo secondo Marco Mc 12,28-34

Non c’è altro comandamento più grande di questi.

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».

Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».

Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».

Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio».

E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Mostrami come ami e mi dirai in quale Dio credi

La domanda che lo scriba rivolge a Gesù non mira tanto a saggiare la sua preparazione dottrinale quanto a verificarne l’autorità profetica. Al contrario delle altre due questioni, che erano solo un pretesto per metterlo in difficoltà, all’interrogativo circa il comandamento dal quale dipendono tutti gli altri Gesù risponde prontamente citando la Scrittura. In tal modo egli dimostra di non opporsi alla Legge ma, al contrario, di esserle sottomesso e di interpretarla fedelmente con la sua vita. Gesù si unisce al coro delle donne e degli uomini d’Israele che nella storia hanno sperimentato che Dio è uno solo e gli altri dei non esistono. Non si tratta solo di una formula per esprimere la propria fede monoteista ma del cuore del credo d’Israele che riconosce in Dio l’unico Signore che lo salva e lo governa perché lo ama. Dio si è rivelato ad Israele come Padre per sempre, unica origine della sua vita, e come Sposo fedele che ama in maniera unica e totalizzante. L’amore vero, che ha la sua scaturigine nel Signore, ha queste caratteristiche. La verità è che in Dio vita e amore sono indissolubilmente uniti, sicché colui che da lui è generato per vivere deve amare. La vita è un dono fatto all’uomo che riceve da Dio anche i comandamenti, ovvero l’insegnamento sul come amare e custodire la vita che ci è stata regalata. I comandamenti sono l’esercizio dell’amore che tonifica la vita. L’amore autentico è unidirezionale e convoglia tutte le facoltà verso la realizzazione del bene della persona amata. L’amore falso è quello frammentario e un po’ schizofrenico. Di questo Gesù ne parla quando dice che «nessuno può servire due padroni perché o amerà uno e odierà l’altro o si affezionerà a uno e disprezzerà l’altro». Come il Signore ci ha amato totalmente fino a dare tutto sé stesso facendosi nostro servitore, così l’amato crede nell’Amore amando nello stesso modo, o meglio, desiderando ed esercitandosi ad amare alla stessa maniera. La fede, come l’amore, non si riduce a dichiarazioni d’intenti, ma si professa attraverso gesti concreti di carità fraterna.

Signore Gesù, Figlio unigenito del Padre celeste, tu ci hai fatto conoscere che il nome di Dio è Amore misericordioso e fedele. Insegnami a rispondere all’amore di Dio con il servizio umile e generoso ai miei fratelli. Donami lo Spirito della Carità perché la mia fede, professata con le parole, sia anche narrata proclamando con la vita il vangelo della misericordia. Rendimi ministro della tua Parola con la quale Tu apri il cuore di ciascuno alla speranza della vita eterna.