L’amore al potere uccide, il potere dell’amore rende vivi- Mercoledì VIII settimana del Tempo ordinario (anno pari)

L’amore al potere uccide, il potere dell’amore rende vivi- Mercoledì VIII settimana del Tempo ordinario (anno pari)

26 Maggio 2024 0 Di Pasquale Giordano

Mercoledì VIII settimana del Tempo ordinario (anno pari)

1Pt 1,18-25   Sal 147

Concedi, o Signore, che il corso degli eventi nel mondo

si svolga secondo la tua volontà di pace

e la Chiesa si dedichi con gioiosa fiducia al tuo servizio.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo 1Pt 1,18-25

Foste liberati dalla vostra vuota condotta con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia.

Carissimi, voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi; e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio.

Dopo aver purificato le vostre anime con l’obbedienza alla verità per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri, rigenerati non da un seme corruttibile ma incorruttibile, per mezzo della parola di Dio viva ed eterna. Perché ogni carne è come l’erba

e tutta la sua gloria come un fiore di campo.

L’erba inaridisce, i fiori cadono,

ma la parola del Signore rimane in eterno.

E questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunciato.

Predestinati alla santità

L’apostolo Pietro si rivolge ai cristiani, provati dalla persecuzione, che mettono in discussione il loro battesimo e con esso la relazione con Dio. L’autore della lettera vuole proprio richiamare ciò che è accaduto nel battesimo quando il credente, immergendosi nel fonte battesimale, è stato unito alla morte e risurrezione di Gesù, diventando una nuova creatura, figlio di Dio in Cristo. Con il battesimo non è venuto meno il peccato del mondo, quello che caratterizza tutti gli uomini dai progenitori in poi. L’adesione alla fede è l’accoglienza del dono di Dio che fa dei figli di questo mondo, che conducono una vuota condotta, i suoi figli ad immagine del Figlio unigenito. Dall’eternità Dio Padre ha pensato di “allargare” la comunione di amore che unisce le persone divine a tutti, senza preferenze e selezioni. La volontà di Dio è quella di essere padre di tutti per condividere con ogni uomo la sua eredità. Nel battesimo avviene il passaggio dall’uomo vecchio, che oppone resistenza all’amore di Dio e che è portatore di morte, all’uomo nuovo che vive con gioia l’obbedienza al Padre e con generosità l’amore fraterno. Il Vangelo è la parola di Dio che in Gesù rivela e realizza la sua volontà. Il battesimo è immersione nell’acqua della morte che con il sacrificio di Cristo non è più l’abisso che tutto inghiotte ma grembo che genera alla vita nuova. Il sangue dei martiri cristiani non è vita persa nel nulla ma è il segno della vittoria di Dio che continua a donarsi per amore al fine ridurre all’impotenza le forze del male che insidiano il cuore degli uomini. Esso è il vero campo di battaglia nel quale gioca un ruolo fondamentale la speranza, la quale, se rivolta ai beni divini riservati da Dio sin dall’eternità, permette al credente di sostenere la lotta contro il male e vincere.

+ Dal Vangelo secondo Marco Mc 10,32-45

Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato.

In quel tempo, mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti ai discepoli ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti.

Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà».

Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».

Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».

Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

L’amore al potere uccide, il potere dell’amore rende vivi

Sgomento e paura albergano nel cuore dei discepoli mentre cercano di stare al passo di Gesù che determina il ritmo di marcia verso Gerusalemme. Alcuni di essi si allontanano e Gesù ritiene opportuno parlare chiaro ai Dodici che chiama in disparte per ribadire la terza volta cosa sta per accadergli. Parla esplicitamente di sofferenze, umiliazione, di morte e risurrezione. Cosa è questo se non il cuore del vangelo? La richiesta dei fratelli Giacomo e Giovanni arriva come se Gesù non avesse detto nulla. L’ambizione dei due apostoli sembra ignorare l’annuncio della Pasqua con il suo carico di sofferenza prima di giungere alla gloria della risurrezione. Sembra quasi un intervento fuori contesto ma che assume tutto il suo significato se la stessa scena la ponessimo dopo la Pasqua. I figli di Zebedeo sarebbero figure allusive di quei cristiani che vivono e celebrano la Pasqua nel rito ma non nella vita. Essi bevono il calice e si fanno battezzare ma non si lasciano trasformare nel cuore perché in esso non c’è spazio per la grazia di Dio in quanto è tutto pieno di ambizioni e speranze umane. Il carrierismo è una piaga che rinnova la sofferenza di Cristo nella passione. Gesù è stato umiliato e ucciso proprio a causa dell’invidia che è alimentata dalla sete di potere. Spesso, soprattutto negli ambienti educativi, formativi o lavorativi, si confonde facilmente il timore di Dio o il rispetto con la paura. Il timore di non poter raggiungere i propri obbiettivi e che qualcun altro possa farlo al posto nostro ci induce a dissimulare. Ci fingiamo obbedienti, ma siamo solo accondiscendenti, mostriamo disponibilità e impegno ma si tratta solamente di puro calcolo di convenienza. Abbiamo bisogno sempre di verificarci sulla base dell’esempio che Gesù offre: «non sono venuto per essere servito ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Il bisogno di affermazione di sé deve cedere il posto al desiderio di essere a servizio esclusivo del bene degli altri. La sete del potere è un bisogno che ci appartiene e che accomuna tutti; ma quando diventa volano delle nostre scelte e meta da raggiungere siamo capaci di tutto, persino di brindare per disavventure altrui o di provare un intimo e inconfessabile piacere per il fallimento dei nostri avversari, gli stessi che ci contendono l’oggetto del desiderio e insidiano i nostri sogni di grandezza. 

Signore Gesù, voglio concentrare il mio sguardo su di Te e distoglierlo dal mio io, assetato di potere, o dagli idoli ingannatori, fraudolenti modelli di piacere effimero. La parola del vangelo mi commuova sempre di più rendendomi presente sotto la croce. Lì è il tuo e il mio trono di gloria. Aiutami a prendere la croce con coraggio e umiltà, a portarla con speranza e fiducia, a salirci con senso di gratitudine e rispetto perché essa non è un destino da subire ma un progetto di vita e d’amore da realizzare insieme a Te.