I segni dell’amore di Dio sono segnali di speranza – Martedì della VI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

I segni dell’amore di Dio sono segnali di speranza – Martedì della VI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

10 Febbraio 2024 0 Di Pasquale Giordano

Martedì della VI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Giac 1,12-18   Sal 93  

O Dio, che hai promesso di abitare

in coloro che ti amano con cuore retto e sincero,

donaci la grazia di diventare tua degna dimora.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dalla lettera di san Giacomo apostolo Giac 1,12-18

Dio non tenta nessuno.

Beato l’uomo che resiste alla tentazione perché, dopo averla superata, riceverà la corona della vita, che il Signore ha promesso a quelli che lo amano.

Nessuno, quando è tentato, dica: «Sono tentato da Dio»; perché Dio non può essere tentato al male ed egli non tenta nessuno. Ciascuno piuttosto è tentato dalle proprie passioni, che lo attraggono e lo seducono; poi le passioni concepiscono e generano il peccato, e il peccato, una volta commesso, produce la morte.

Non ingannatevi, fratelli miei carissimi; ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre, creatore della luce: presso di lui non c’è variazione né ombra di cambiamento. Per sua volontà egli ci ha generati per mezzo della parola di verità, per essere una primizia delle sue creature.

Il dubbio sulla bontà di Dio

Giacomo sembra rispondere al dubbio che sorge nella comunità dei cristiani della diaspora, spesso perseguitati persino dai loro correligionari: se con il battesimo riceviamo lo Spirito, e con Lui il perdono, perché si ricade nel peccato? Si ha quasi l’impressione che Dio voglia mettere in difficoltà l’uomo per umiliarlo ed educarlo all’obbedienza forse perché deluso dal suo comportamento e pentito del dono fattogli. Giacomo, invece, spiega che Dio non tenta nessuno perché non vuole che si perda alcuno dei suoi figli, che ha reso tali col sacrificio di Gesù sulla croce. Dio ci ha creati per amore e per amore ci ha redenti. Il suo amore è per sempre e non torna sui suoi passi. In realtà, il dubbio nasce dalla proiezione della propria instabilità affettiva su Dio. Quello che deve far più paura non è la prova che può giungere fino al martirio cruento, ma la morte interiore causata dal peccato che, a sua volta, è generato dai pensieri opposti alla sapienza di Dio. Essi vengono dal cuore dell’uomo che ha bisogno sempre di essere sanato interiormente dallo Spirito di Dio affinché possa rinunciare con forza alle seduzioni del male per lasciarsi guidare dalla «parola della verità» che è seme di carità e fermento di fraternità.

+ Dal Vangelo secondo Marco Mc 8,14-21

Guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode.

In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora Gesù li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane.

Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non comprendete ancora?».

I segni dell’amore di Dio sono segnali di speranza

Anche la terza traversata del mare di Galilea è caratterizzata da una crisi che questa volta è interna al gruppo dei discepoli. Essi discutono tra loro del fatto che si ritrovano sulla barca con un solo pane perché hanno dimenticato di prenderli. Tutto questo mentre Gesù li mette in guardia dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode. I farisei ed Erode, ciascuno con le sue caratteristiche, sono l’emblema della incredulità. L’orgoglio porta ad ottenebrare la mente e ad indurire il cuore. I gesti e le parole di Gesù cadono nel dimenticatoio e scivolano via come acqua sulla pietra non lasciando traccia. Il formalismo dei farisei e l’ambizione di Erode sono virus presenti nel cuore dei discepoli che, trovandosi in difficoltà, reagiscono in maniera disperata e aggressiva perché manca loro la memoria del cuore che alimenta la speranza.

Ogni avvenimento della nostra storia porta con sé un valore e un insegnamento da custodire nel cuore e che torna utile per affrontare i lunghi viaggi della vita, soprattutto nei suoi passaggi cruciali. Quando viene a mancare la salute e la malattia ci porta via le forze fisiche e psicologiche, la morte di una persona importante crea un vuoto profondo nel cuore, la precarietà del lavoro non permette di vedere con serenità il futuro, possiamo trovarci anche noi nella stessa condizione dei discepoli in mezzo al mare con Gesù. Egli è con noi sempre, anche quando abbiamo il dubbio che non gli importi nulla del nostro destino oppure quando, traumatizzati da qualche disgrazia, gridiamo contro di lui come se fosse la causa di tutto il dolore che ci affligge.

Gesù ci chiede di non arrenderci nel cercare e trovare con lui e in lui il senso della povertà, della sofferenza e della morte. Nelle situazioni che appaiono vicoli ciechi siamo naturalmente portati o a condurre estenuanti discussioni per trovare i colpevoli o a rassegnarci abbandonando fatalisticamente ognuno al proprio destino. Gesù ci indica una terza via. Ricordare significa guardare il passato con gratitudine per coglierne nel presente i segni che l’amore ha lasciato. Dio lascia sempre dei segni del suo passaggio nella nostra vita che sono intelligibili solo alla luce della fede. Essi diventano segnali di speranza perché possiamo andare avanti.

Non conta quanto abbiamo o ci è rimasto, ma quanto di bene possiamo fare a partire dal poco che abbiamo. Se i drammi sono un duro colpo alla staticità della vita e della fede, ricordiamo quelle volte in cui la solidarietà e la condivisione sono state la via di fuga di situazioni che apparivano senza soluzione. Con Gesù siamo chiamati noi stessi ad essere se non pane intero, anche semplici briciole, messe nelle mani di Dio perché tutti possano saziarsi. 

Signore Gesù, credo che sei con me nella mia barca, sia nel tempo della calma sia quando imperversa la tempesta. Aumenta in me la fede nel momento della prova, soprattutto quando le difficoltà della vita creano nel cuore un vuoto di solitudine e la disperazione confonde la mente. Possa sempre riconoscere con gli occhi della fede i segni della tua provvidenza e conservarne il grato ricordo perché essi siano per me segnali luminosi di speranza per proseguire il cammino attraverso i suoi passaggi, soprattutto quelli più dolorosi.