Il potere sanante del perdono – Giovedì della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Il potere sanante del perdono – Giovedì della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

5 Luglio 2023 0 Di Pasquale Giordano

Giovedì della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Gen 22,1-19   Sal 114  

O Dio, che ci hai reso figli della luce

con il tuo Spirito di adozione,

fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore,

ma restiamo sempre luminosi

nello splendore della verità.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dal libro della Gènesi Gen 22,1-19

Il sacrificio di Abramo, nostro padre nella fede.

In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò».

Abramo si alzò di buon mattino, sellò l’asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l’olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. Allora Abramo disse ai suoi servi: «Fermatevi qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». Abramo prese la legna dell’olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutti e due insieme.

Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Padre mio!». Rispose: «Eccomi, figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov’è l’agnello per l’olocausto?». Abramo rispose: «Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto, figlio mio!». Proseguirono tutti e due insieme.

Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna, legò suo figlio Isacco e lo depose sull’altare, sopra la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio.

Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito».

Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio.

Abramo chiamò quel luogo “Il Signore vede”; perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore si fa vedere».

L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».

Abramo tornò dai suoi servi; insieme si misero in cammino verso Bersabea e Abramo abitò a Bersabea.

La (s)legatura

Il capitolo 22 di Genesi è tra i più drammatici per il racconto da cui trasuda tensione fin dalla prima parola. Dio mette alla prova Abramo! Si tratta di una verifica che avviene a conclusione di un itinerario iniziato a Carran dove Abram era stato raggiunto dalla parola del Signore. Anche in quel caso un imperativo, «vattene da …». Dio gli chiede di separarsi dalla casa di suo padre, di lasciare tutto ciò che appartiene a lui, per andare verso una terra che Dio gli farà vedere. Il test serve a rivelare qualcosa che è ancora nascosto. Isacco è un dono di Dio che Abramo ha ricevuto. La verifica intende portare in luce le intenzioni di Abramo nel ricevere il dono, cioè quale relazione instaura con lui. È dunque in gioco la paternità di Abramo. Non basta avere avuto un figlio per essere padre. Per esercitare la paternità bisogna impostare in un determinato modo la relazione con il figlio. Abbiamo già visto in precedenza che la relazione coniugale è stata sanata non perché si è stati fertili, ma perché si è diventati fecondi lasciando che la benedizione di Dio potesse concretizzarsi attraverso un rapporto coniugale riequilibrato.

A Dio che chiama per nome Abramo, lui risponde prontamente con il suo eccomi. Dio lo cerca, lui si fa trovare pronto. Il comando che il Signore gli rivolge ha qualcosa di ambiguo che la traduzione non fa cogliere a pieno ma che la tradizione ebraica ha notato. Dopo aver detto ad Abramo di prendere con sé Isacco, il suo unico figlio, quello amato (unito a lui) e di andare nel territorio di Mòria, comanda: «Fallo salire là per un olocausto». Il comando non dice esplicitamente di offrirlo in sacrificio ma parla in maniera vaga lasciando lo spazio a due interpretazioni.

Al lettore appare chiara l’intenzione di Dio di far emergere la verità ma più ancora di mettere Abramo in crisi in modo tale che la sua scelta lo faccia passare definitivamente sul versante della verità o rimanere su quello della menzogna. In altri termini la domanda riguarda la scelta di relazione che Abramo vuole costruire con Dio e con Isacco. Il figlio unigenito che ama, ovvero quell’unico figlio che gli è rimasto, dopo che ha lasciato andare Ismaele, lo vuole trattenere per sé come un bene che gli appartiene in maniera esclusiva? Oppure riconoscerà in lui il segno della benevolenza del Signore e si aprirà all’altro con fiducia?

Il comando di Dio è volutamente ambiguo perché dall’interpretazione che ne darà Abramo e dalla scelta che farà si rivelerà nella sua vera personalità. In ebraico l’aggettivo unico significa anche unito. Così come lo stesso aggettivo unico in forma sostantivata è sinonimo di Dio e della vita. Dunque, la domanda che crea la suspance si pone in questi termini: Abramo terrà legato a sé Isacco facendolo salire con sé per assistere al sacrificio richiesto oppure lo farà salire come sacrificio, ovvero lo riconoscerà come dono di Dio e lo restituirà come contro-dono a Lui in segno di alleanza? In un certo senso la fecondità della sua paternità dipende dall’umiltà con la quale vive la sua figliolanza a Dio.

Il racconto a questo punto ha un ritmo molto rallentato e le stesse parole di Abramo ai servi prima e la sua risposta a Isacco lasciano il lettore nel vago intuendo così anche il travaglio del patriarca che cerca di capire il senso del comando di Dio e la scelta da compiere. Si può pensare che Abramo si sia posto domande cruciali. È possibile che Dio chieda una cosa che va contro la natura? Un padre potrebbe mai uccidere il proprio figlio, potrebbe una persona, sana di mente, rinunciare alla sua unica vita? Tuttavia, non è altrettanto contro natura legare a sé un figlio sacrificandolo sull’altare della propria possessività? Se Abramo scegliesse di sacrificare suo figlio non si assumerebbe la responsabilità di far naufragare quel progetto che Dio stesso gli ha chiesto di realizzare con Lui? Può Dio chiedergli di assumersi tale responsabilità?

La promessa del ritorno che Abramo fa ai servi è una menzogna perché non intervengano in maniera indebita o perché la sua fiducia è tale che crede che ritornerà da loro con il figlio. La risposta che Abramo dà ad Isacco che gli chiede dove sia l’agnello dell’olocausto: «Dio vedrà per lui l’agnello per l’olocausto» e un modo per celare al figlio le sue reali intenzioni o ha fiducia in Dio che provvederà al sacrificio?

Quali siano le intenzioni di Abramo lo veniamo a sapere solo quando il Patriarca lega Isacco. Ancora il ritmo del racconto rallenta quasi a voler dare tempo a Dio per il suo intervento. Ormai Abramo ha fatto la sua scelta e ha optato per quella più esigente, sacrificare suo figlio.

Ormai quando la intenzione della scelta è chiara Dio chiama Abramo come aveva fatto all’inizio e Abramo risponde prontamente «Eccomi» come se stesse aspettando quella parola. A Dio è bastata vedere l’intenzione di Abramo, quello che nel suo cuore ha scelto di essere. Abramo non si è lasciato vincere dalla paura alimentata dalla cupidigia, non ha voluto trattenere per sé il figlio per garantirsi l’avvenire, ma lo ha offerto a colui che lo aveva donato.

Abramo aveva detto a Isacco che Dio avrebbe visto per lui l’agnello; il patriarca alzando gli occhi vede un ariete e lo offre al posto di Isacco. Quell’ariete, padre dell’agnello, significa Abramo stesso, padre di Isacco, che Dio ha visto perché lui si è lasciato vedere offrendosi sull’altare. Abramo offrendo l’ariete rinuncia alla paternità intesa come possesso, per riceverla da Dio come un dono per sempre.

Quel luogo acquista un nome che ricorda il faccia a faccia tra Dio e Abramo in cui si vede e ci fa federe segno di una relazione nella quale c’è una reciprocità nel dare e nel ricevere, nell’accogliere e nel donare. Dio garantisce ad Abramo che si compirà ciò per cui ha scelto d’impegnare tutta la sua vita: non il possesso di beni, ma l’essere mediatore per tutti i popoli di quella benedizione che non ha trattenuto per sé ma che ha scelto di farne un dono per tutti.

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 9,1-8

Resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.

In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati».

Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati – disse allora al paralitico –, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua.

Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.

Il potere sanante del perdono

Le parole sono come canali, esse possono comunicare un potenziale distruttivo o trasmettere un potere che guarisce. Tutto dipende dal pensiero che le genera. Quello degli scribi è un pensiero giudicante che nasce da un cuore malato di orgoglio. Gesù è venuto non a condannare ma a sanare dal peccato che vizia di malvagità dapprima la mente e poi la bocca e le mani. La fede e il peccato possono coesistere nella persona, come nel paralitico erano presenti la condizione d’infermità, che lo costringeva alla paralisi, e la fiducia di essere sanato. Gesù, che vede il cuore, coglie in quello del paralitico e dei suoi amici la fiducia di essere salvati da lui. Il perdono dei peccati non è l’effetto di una qualche formula segreta che possiede solamente Dio, ma è il modo ordinario con il quale Dio ama l’uomo. Tale potere, ovvero lo stile di vita e di amore, Egli nel momento in cui lo esercita contestualmente lo condivide con gli uomini. L’indicativo, con il quale si rivela l’azione di Dio, genera l’imperativo mediante il quale l’uomo partecipa al suo potere vitale. L’uomo non è perdonato perché mette in pratica i comandamenti ma al, contrario, può osservare i comandamenti perché è perdonato. Chi si lascia amare da Dio, perché crede nel suo amore che perdona e guarisce, viene sanato e diventa capace di quella libertà che solo la Grazia di Dio può conferire. Non c’è altro potere che quello di amare e dare la vita. Tale dinamismo, che nasce dal cuore di Dio, Gesù, mediante lo Spirito Santo che agisce nei sacramenti, lo partecipa agli uomini. Quanto sarebbe bello che dopo ogni celebrazione dei sacramenti anche noi potessimo ringraziare Dio per il potere dell’amore che mette nel cuore e nelle nostre mani invece di lasciarci distrarre da altri pensieri che nulla hanno a che fare con il dono ricevuto e con la responsabilità personale che da esso deriva.

Signore Gesù, messaggero della Parola di Dio che perdona e dà la vita, tu sai cogliere la supplica della fede anche quando essa non riesce ad articolare una preghiera. Attirami a Te perché mi basti stare alla tua presenza anche se giaccio sul letto del dolore bloccato dalla paura e dallo sconforto per la colpa che il giudizio degli uomini fanno pesare sul cuore. Con il tuo perdono liberami dagli scrupoli e dai pensieri malvagi e ridonami la capacità di amare anche nelle condizioni limitate in cui mi trovo. Rendimi partecipe del tuo potere di perdonare e muto nel giudicare, generoso nell’aiutare e creativo nell’amare.