L’amicizia, dono e responsabilità – Venerdì della V settimana di Pasqua

L’amicizia, dono e responsabilità – Venerdì della V settimana di Pasqua

11 Maggio 2023 0 Di Pasquale Giordano

Venerdì della V settimana di Pasqua

At 15,22-31   Sal 56  


Donaci, o Signore, di conformare la nostra vita

al mistero pasquale che celebriamo nella gioia,

perché con la sua forza perenne

ci protegga e ci salvi.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dagli Atti degli Apostoli (At 15,22-31)

 In quei giorni, agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli.

E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!».

Quelli allora si congedarono e scesero ad Antiòchia; riunita l’assemblea, consegnarono la lettera. Quando l’ebbero letta, si rallegrarono per l’incoraggiamento che infondeva.

La Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, accoglie e accudisce i figli che Dio le dona

Dopo la discussione avvenuta a Gerusalemme alla presenza degli apostoli, dei responsabili delle comunità di Gerusalemme e di Paolo e Barnaba, rappresentanti della comunità di Antiochia che aveva sollevato la questione circa il modo di accogliere i credenti provenienti dal paganesimo, viene fuori un documento nel quale, da una parte si stigmatizza l’atteggiamento dei giudaizzanti che volevano imporre anche ai pagani il modo di vivere tipicamente giudeo, dall’altra si ribadisce la stima per i due missionari che hanno sofferto molto per il vangelo. Le raccomandazioni circa le quattro astensioni sono offerte per agevolare il dialogo e la convivenza pacifica con i credenti provenienti dall’ebraismo. Questo documento mette in evidenza l’intenzione pastorale nelle scelte prese e attuate dalla Chiesa. Essa si pone sempre in ascolto dello Spirito Santo che ha in mano il governo della Chiesa perché essa sia una, santa, cattolica e apostolica. È lo Spirito Santo che crea la comunione delle differenze, senza fusioni, che la rende immagine del Santo, Gesù lo sposo che fa della Chiesa la sua bella sposa; è lo Spirito Santo che chiama ogni uomo alla salvezza, non facendo nessuna differenza, ma includendo tutti attraverso la fede e la testimonianza degli apostoli. Nel vangelo di Giovanni (cap. 10) Gesù sottolinea la differenza tra i pastori mercenari e il pastore, quello bello. Durante il “lavoro” non si nota la differenza tra le due categorie di pastori che invece diventa palese nei problemi simboleggiati dal lupo e dalle sue minacce. I rigoristi sono i mercenari della metafora perché antepongono la loro idea e se stessi al popolo di Dio, con l’effetto di disgregare e mettere in confusione. Il pastore bello rischia, come Paolo e Barnaba, la propria vita per affrontare le persecuzioni e così confermare nella fede in Cristo il popolo a lui affidato. Lo Spirito Santo guidi i nostri pensieri, parole e azioni affinché, affrontando con coraggio ogni resistenza, possiamo contribuire a rendere la chiesa a cui apparteniamo sempre più unita, santa, aperta a tutti e in continuità con la fede trasmessa a noi dagli apostoli.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 15,12-17

Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:

«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.

Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.

Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

L’amicizia, dono e responsabilità

Nel comandamento di Gesù più che un ordine da eseguire o una regola morale da mettere in pratica c’è un profondo desiderio da realizzare. La parola di Dio rivela il suo sogno: l’amore, che unisce in una sorta di danza gioiosa il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, possa essere vissuta nella comunione fraterna. Da qui l’esortazione rivolta a noi, suoi discepoli di amarci gli uni gli altri come egli ci ama. Gesù ci ha amato fino alla fine, ovvero fino nel fondo della nostra miseria perché noi potessimo toccare con Lui la cima della misericordia di Dio. Con il suo sacrificio sulla croce ci ha donato la sua vita e ci ha resi amici. L’amicizia non nasce per caso e non si mantiene solo se ci sono interessi comuni. Essa ha la sua origine nella scelta di uscire dalla propria autosufficienza e cercare un aiuto adatto per curare il male della solitudine. L’amico è un dono di Dio che ci emancipa dalla servitù della dipendenza dalle cose per farci scoprire che il senso della vita risiede nella relazione con l’altro attraverso la quale amarsi reciprocamente. Gesù ci rivela il senso autentico dell’amicizia e con essa l’unica ragione plausibile per vivere. L’amico è il confidente con il quale aprire il proprio cuore, mostrarsi a lui per quello che si è, anche nelle proprie nudità, ossia nelle fragilità, debolezze, mancanze. Tutto questo perché la fiducia vince la paura di essere giudicati o di perdere l’amico e ripiombare nella solitudine. L’amore reciproco diventa responsabile perché ognuno si assume la responsabilità di curare l’amicizia. Dio per mantenere sempre viva l’amicizia con noi ci perdona per primo, infatti, più che il nostro peccato Lui vede la nostra fede, più che puntigliosamente girare il coltello nella ferita degli errori pazientemente la cuce, invece di puntare il dito stende la sua mano per aiutarci e ci incoraggia a fare sempre il bene.


Signore Gesù, amico fedele, guardo Te che hai vinto la vergogna e sulla croce ti sei mostrato agli uomini nudo come un verme. Nella tua vulnerabilità vedo la mia debolezza, nella tua solitudine riconosco la mia paura, nella tua obbedienza al Padre trovo consolazione, dalla tua fedeltà ricevo sostegno, dal tuo amore attingo speranza. Il tuo Spirito mantenga viva l’amicizia tra noi perché nello smarrimento ascolti la voce dell’Amato, nel turbinio dei pensieri possa mettere ordine nei desideri, nella ricerca di aiuto possa accogliere con docilità la tua Parola che illumina. Donami la pazienza di mantenere anche uno solo dei fili dell’amicizia perché esso potrà diventare una corda d’acciaio capace di risollevarmi dal baratro dello sconforto in cui mi getteranno le prove della vita.