Il giorno della verità – San Martino di Tours – Venerdì della XXXII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Il giorno della verità – San Martino di Tours – Venerdì della XXXII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

11 Novembre 2022 0 Di Pasquale Giordano

San Martino di Tours – Venerdì della XXXII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

2Gv 1,3-9   Sal 118   

+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 17,26-37

Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti.

Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.

In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot.

Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva.

Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata».

Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».

Il giorno della verità

Noè e Lot sono due personaggi biblici protagonisti di alcune vicende raccontate nel libro della Genesi. Entrambi si salvano dalla morte perché obbediscono alla voce di Dio che a Noè dà l’incarico di costruire una barca, abbastanza grande da poter ospitare almeno una coppia per ogni specie di esseri viventi, prima del diluvio e ordina a Lot di uscire dalla città di Sodoma prima della sua distruzione. Essi si distinguono dagli altri che invece continuano a condurre una vita che sembra normale ma che invece si rivela fallimentare perché non resistono all’onda d’urto delle vicende storiche. La routine della vita ci porta a fare sempre le stesse cose, ma esse diventano nuove nella misura in cui sono fatte con amore e per amore e non semplicemente per sé stessi, per abitudine o per convenzione. Il contesto sociale nel quale viviamo non è dissimile da quello evocato da Gesù e caratterizzato da uno stile di vita materialistico. Mangiare, bere, sposarsi, lavorare, sono le attività comuni degli uomini e delle donne. Questa è la normalità! Cosa è che non va? Semplicemente non va il fatto che attraverso le attività della vita non si cresce umanamente se si vive come macchine, il cui fine è solo produrre quello che serve per la propria sussistenza. Questo non significa vivere, ma è “tirare a campare”, vivacchiare. C’è chi pensa che salvare la propria vita significa semplicemente realizzare i propri sogni e desideri; ma la storia insegna che ragionare in questo modo vuol dire incamminarsi verso un finale tragico, non solo perché non si riesce ad essere veramente felici e soddisfatti, ma si perde anche quello che si è cercato di realizzare. Perdere la vita per Gesù vuol dire fidarsi di Lui, seguirlo e imitarlo. Come Noè e Lot anche Gesù va controcorrente ed è in dissonanza con la cultura che esalta il piacere e mortifica la dignità umana. Nel tempo della tribolazione egli non si tira indietro e non torna sui suoi passi per salvare sé stesso, ma obbedisce fino in fondo alla voce dello Spirito che lo porta a offrire la sua vita sulla croce per amore. Proprio perché si spoglia della gloria divina rivestendo fino alla fine i panni del servo della volontà di Dio, Gesù viene esaltato e vive per sempre.

Signore Gesù, Tu che davanti alla prospettiva della morte non ti sei tirato indietro ma hai offerto la tua vita sulla croce perché noi fossimo salvati, aiutaci a tenere il cuore sempre attento alla voce di Dio affinché non cadiamo nella trappola della mondanità che ci rende come macchine, fredde e tristi, destinate solo a produrre e a consumare. Insegnaci che la vita è bella non solo quando ci riserva soddisfazioni e successi, ma soprattutto quando diventa dono per Dio e aiuto concreto a chi è in difficoltà. Dacci la forza di rinunciare a ciò che alimenta l’egoismo e ci rende isole di un arcipelago di solitudine. Fa che, incontrandoti nella stanza segreta della coscienza, nella casa comune dei fratelli riuniti nel tuo nome, nelle periferie esistenziali della storia, sappiamo cogliere sempre l’occasione di ascoltare la tua Parola per distogliere l’ attenzione dal nostro io e riconoscere nei fratelli i destinatari dell’ amore che Tu hai riversato nel cuore.