Imparare a vivere dai propri errori – Venerdì della XXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Imparare a vivere dai propri errori – Venerdì della XXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

9 Settembre 2022 0 Di Pasquale Giordano

Venerdì della XXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

1Tm 1,1-2.12-14   Sal 15  

+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 6,39-42

Può forse un cieco guidare un altro cieco?

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:

«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.

Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».

Imparare a vivere dai propri errori

La presunzione è una grave forma di cecità della mente e del cuore di cui è affetto chi crede di saperne di più degli altri, persino dei maestri. Perciò opportunamente Gesù ci ricorda che non si diventa maestri perché lo si vuole ma solamente se si rimane discepoli, ovvero consapevoli di dover sempre imparare, prima ancora che insegnare. Ben inteso, il desiderio d’insegnare è una cosa buona ed è generato dalla vocazione di ciascuno alla maternità e alla paternità perché la genitorialità si esprime nell’essere maestri di vita. Per ben prepararsi a vivere a pieno la propria vocazione è necessario curare e sviluppare ogni dimensione del discepolato, la prima delle quali è la conoscenza di sé e la volontà di correggersi e migliorarsi. Il Maestro insegna innanzitutto a guardarsi dentro e, cogliendo i propri punti deboli, si fa compagno per aiutare il discepolo a lavorare su sé stesso e a maturare da ogni punto di vista, umano in maniera particolare. Non si può essere maestri della fede se non si seguono tutte le tappe del discepolato dell’umanità per imparare la disciplina della carità fraterna. In definitiva, si tratta di crescere nelle virtù umane in modo tale da intessere relazioni attraverso le quali possa fluire la sapienza e la grazia di Dio. Il maestro vero non è quello che accredita sé stesso vantando titoli o competenze ma è colui che, rimanendo umile discepolo dell’unico Maestro, si pone a servizio gratuito e disinteressato dei suoi fratelli, condividendo con loro la propria esperienza di come si possa imparare dai propri errori e di come trasformare i limiti in risorse, le crisi in opportunità. Non bisogna nascondere le proprie fragilità distraendo la propria attenzione dal prendersene cura e nascondendole dietro l’attivismo filantropico verso gli altri. Il medico migliore è quello che cura le patologie degli altri nella misura in cui sa curare le proprie.

Signore Gesù, maestro di vita e guida nel cammino della fede, aiutami ad esaminare la mia coscienza e donami il coraggio di iniziare a cambiare ciò che non va in me piuttosto che censurare i difetti altrui. Lo Spirito del consiglio mi conceda d’imparare dai miei errori, cosa significhi aver bisogno di misericordia e il valore dell’offrirla in dono ai fratelli. Fa che non mi senta mai sazio di Te e della tua Parola, ma ispira nel mio cuore la sana umiltà di non sentirmi arrivato o migliore degli altri. La mia fede non sia ostentata ma alimenti scelte di carità che testimoniano nel silenzio della vita quotidiana la mia docile sequela alla tua volontà.