DOMENICA DI PENTECOSTE – MESSA DEL GIORNO (ANNO C)

DOMENICA DI PENTECOSTE – MESSA DEL GIORNO (ANNO C)

5 Giugno 2022 0 Di Pasquale Giordano

DOMENICA DI PENTECOSTE – MESSA DEL GIORNO (ANNO C)

At 2,1-11   Sal 103   Rm 8,8-17  

+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 14,15-16.23-26)

Lo Spirito Santo vi insegnerà ogni cosa.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.

Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

Lectio Divina

Nella festa di Pentecoste la liturgia ci fa ascoltare nuovamente una parte del discorso di congedo che Gesù rivolge ai discepoli nell’ultima cena. Dopo aver annunciato il tradimento di Giuda e il rinnegamento di Pietro, Gesù indirizza parole di conforto: «Non sia turbato il vostro cuore» (14, 1) invitando i discepoli ad avere fede in Dio e in lui. La morte non segnerà la fine della sua missione ma ne suggellerà il compimento. Gesù si è fatto portavoce del Padre che ha voluto far conoscere la sua volontà e comunicare agli uomini il suo amore per loro. Il Padre vuole farci suoi figli introducendoci nella famiglia della Trinità; per questo ha inviato in mezzo a noi suo Figlio, Gesù, come via attraverso la quale Egli viene ad abitare in noi.

«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti» (v. 15)

Dio ci ama per primo. L’amore di Dio si declina innanzi tutto nel dono che fa a noi di Gesù, suo Figlio, mediante il quale il Padre parla e opera. I segni compiuti da Gesù, alcuni dei quali sono stati narrati dall’evangelista, manifestano l’azione amorevole del Padre che ci guarisce e ci nutre. Se ripercorriamo i racconti dei segni compiuti da Gesù a Cana di Galilea fino a Betania e culminanti sulla Golgota, notiamo che Gesù dà sempre dei comandi che vanno osservati perché l’evento possa attuarsi e cambiare la situazione iniziale. L’obbedienza dei servi, del funzionario del re, dei discepoli, del paralitico, del cieco nato, degli amici di Lazzaro è la condizione perché venga portato in tavola il vino migliore, la figlia del funzionario inizi a guarire, i cinque pani e i due pesci possano essere dati a tutta la folla per essere sfamata, il paralitico riacquisti la indipendenza, il cieco sia illuminato e veda e Lazzaro esca dal sepolcro ritornando in vita. Tutti questi hanno creduto alla parola di Gesù prima di «vedere» i miracoli. La loro fede si è tradotta in un atto di obbedienza alla sua parola che ha fatto loro sperimentare la potenza dell’amore di Dio. Tutti i personaggi coinvolti nei segni sono riassunti nella figura del Discepolo amato, testimone dell’amore di Dio crocifisso ma anche testimone obbediente del comando di Gesù. Il Discepolo amato diventa anche il discepolo amante. Amare è sinonimo di credere. Il turbamento del cuore si affronta con la fede, ovvero con la certezza che l’amore di Dio è più forte del male, del peccato e della morte. Si tratta della voce della speranza che nasce dallo Spirito effuso dal Crocifisso Risorto che prega il Padre intercedendo per noi. Come il Padre, accogliendo la preghiera del Figlio ci dona lo Spirito Santo, così noi accogliendo la Parola di Dio gli apriamo il cuore perché lo Spirito abiti con noi. L’amore è questo continuo esercizio all’ascolto di sé stessi, dell’altro e di Dio. In tal modo si crea un circolo virtuoso grazie al quale non solo s’impara a riconoscere l’opera di Dio ma ci si lascia anche coinvolgere diventandone protagonisti, secondo quanto dice Gesù: «Chi crede in me anch’egli compirà opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste» (Gv 14,12).

«Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.

Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato» (vv. 16.23-24).

Lo Spirito Santo rimane in noi come presidio permanente di Dio perché Egli ci abita. S. Paolo, nella seconda lettura tratta dalla Lettera ai Romani, spiega la differenza tra l’essere posseduti e l’essere abitati. Il Maligno, possedendo rende schiavo della paura o succube dell’istinto, dell’avidità, della cupidigia, dell’egoismo, dell’invidia, della gelosia, del risentimento. Al contrario, chi si lascia guidare dallo Spirito Santo antepone l’amore ad ogni altra cosa, agli affari o interessi personali. Il Maligno c’ inganna facendoci credere che la felicità dipenda dalle nostre opere. Il primato invece va dato alla fede grazie alla quale le opere nascono dall’amore di Dio e hanno come fine la comunione, l’amore a Dio e ai fratelli. L’amore non può fermarsi alle parole ma deve tradursi in fatti il primo dei quali è la preghiera con la quale ci poniamo alla presenza di Dio da figli chiamandolo Padre. Ciò che gli diciamo non viene da un cuore di schiavi, feriti dalle umiliazioni delle ingiustizie, ma da quello di figli amati perché consolati dalla Sua misericordia.

L’evangelista Luca descrive l’evento della Pentecoste con immagini che richiamano alla mente l’alleanza sancita tra Dio e Israele sul Monte Sinai. Lì Israele sperimenta la paternità di Dio che lo «riconosce» come suo figlio mediante il dono della Legge. Il Padre dà la regola perché il figlio sia educato all’amore. Mentre Dio parla faccia a faccia con Mosè il popolo ascolta la voce di Dio potente come il fragore. Questa immagine, unita a quella del vento, riproduce il senso di potenza e forza della parola di Dio che sperimenta colui che crede. La voce del vento, potente come un fragore, porta la parola che si manifesta come lingue di fuoco che si dividono e si posano su ciascuno. Il fuoco è elemento identificativo di Dio il cui amore illumina e riscalda. La prima volta che Dio si era manifestato a Mosè fu mediante il roveto ardente. Il fuoco bruciava senza consumare. Il nostro cuore può essere come un roveto pieno di spine, simbolo delle paure, dei dubbi, delle ansie e preoccupazioni della vita. Anche il cuore dei discepoli di Emmaus era colmo di tristezza al punto da non riconoscere Gesù vivo accanto a loro. Ascoltando la sua parola il loro cuore lento e indurito inizia ad ardere di speranza perché lo Spirito Santo illumina le menti e apre gli occhi per contemplare la verità.

«Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (v. 26)

Gesù promette l’invio dello Spirito santo il quale, abitando nel cuore dei credenti, offre l’insegnamento e il ricordo che gli ridona vita e speranza trasformandolo da coacervo di pensieri giudicanti, sensi di colpa e rimorsi in sorgente di luce e calore. Come la Parola del Padre, mediante l’amorevole obbedienza del Figlio Gesù, è diventata fatto concreto nel suo sacrificio sulla croce, così la Parola di Dio insegnata, ovvero scritta nel nostro cuore, dallo Spirito Santo diventa testimonianza col servizio ai fratelli, memoria viva dell’amore di Dio.

Secondo il racconto degli Atti degli Apostoli l’azione dello Spirito Santo non ha riguardato solo i discepoli che iniziano a parlare lingue nuove come veniva dato loro il potere di esprimersi, ma anche chi ascolta la loro parola e li comprende e riconosce che stanno annunziando le opere di Dio. Lo Spirito Santo è l’artefice della capacità di esprimere nelle varie forme di servizio l’unico

linguaggio dell’amore. Nel medesimo tempo lo Spirito Santo dona la sapienza per poter riconoscere nelle diverse espressioni umane l’unica Parola di Dio.

Lo Spirito Santo unisce Dio e gli uomini nella riconciliazione perché la pace fondi la comunione del volere e dell’operare. Al contempo lo Spirito Santo opera per la concordia tra gli uomini perché la loro preghiera sia unanime e operosa la carità fraterna. La fede non si riduce a preghiere fatte di molte parole e l’amore non può limitarsi ai desideri o intenzioni. Lo Spirito Santo, che fa della Parola di Dio un fatto storico in Gesù Cristo crocifisso e risorto, è il ponte tra il dire e il fare, tra la promessa e il compimento, tra il conoscere la volontà di Dio e il metterla in pratica. Interiorizzando la Parola di Dio aderiamo con la nostra volontà a quella del Signore. In tal modo la Parola di Dio, ascoltata nel cuore, diventa come un fuoco che non può essere contenuto o nascosto. Come l’amore di Dio si manifesta nell’immagine del fuoco che non divora ma alimenta la gioia e che trova la sua espressione massima nel dono che Gesù fa di sé sulla croce, così lo Spirito Santo, che abita nel cuore dei credenti, genera in essi l’amore inteso come forza che spinge a fare della propria vita un dono per Dio e i fratelli. Tante sono le forme di servizio con le quali esprimere la fede in Dio quante sono quelle mediante le quali Egli ci ama e ci assiste.

Il prodigio della comunione fraterna

La Pasqua innesca un dinamismo nuovo che coinvolge la Chiesa la quale, segnata dall’ascensione di Gesù, attraversa un passaggio fondamentale della sua storia. Il distacco, iniziato già con la sua morte, crea una distanza necessaria tra Gesù e i discepoli. La sua assenza non li getta nella disperazione perché la speranza caccia la paura e genera nei loro cuori la fede e il desiderio di amarlo. La Chiesa, sin dalla sua origine, è fondamentalmente una comunità orante nella quale si fa esperienza di comunione tra i distanti e di unità tra i diversi. La preghiera comunitaria è la prima forma di obbedienza al comandamento di Gesù. In questo modo Gesù, pur rimanendo invisibile, viene ancora in mezzo ai suoi discepoli insieme al Paràclito, che è l’Inviato del Padre ma anche l’Invocato e l’Invitato dalla Chiesa in preghiera. Lo Spirito Santo non è una forza anonima o un’energia senza forma, ma avendo una chiara identità personale, dà, per così dire, corpo alla fede, alla speranza e alla carità dei credenti. Nella sua delicatezza Dio non s’impone ma viene se desiderato, risponde se invocato, abita la vita di chi lo invita e gli apre la porta del cuore. Gesù, convocandoci attorno alla mensa della Parola e dell’Eucaristia, assicura la sua preghiera d’intercessione facendosi nostro portavoce per accogliere il dono dello Spirito Santo.

La non visibilità di Dio è indice del fatto che agisce sul cuore dell’uomo, sacrario della volontà e custodia dei pensieri, che si manifestano in parole e azioni. La preghiera, ascolto di Dio con l’orecchio del cuore, forma la coscienza dei credenti che si lasciano educare dallo Spirito Santo a vivere come Figli di Dio. La prima scena della lettura tratta dagli Atti degli Apostoli traduce nell’immagine della chiesa riunita in preghiera la forma primaria dell’azione dello Spirito Santo che riunisce gli uomini e le donne superando gli ostacoli opposti dalle paure e dai pregiudizi che spesso fungono da barriere che separano e contrappongono. Essi sperimentano nello stare insieme la carezza di Dio che consola e la forza della vita che risuscita. Il maestro interiore educa i discepoli all’amore. Ciò che avviene nel segreto del cuore si manifesta in parole e gesti che non sono l’ostentazione del proprio io ma la rivelazione dell’amore di Dio. Senza l’aiuto dello Spirito Santo tutto ciò che di genuinamente umano c’è nel cuore dell’uomo si ammala e si corrompe; l’intimità si chiude nell’intimismo alimentato dalla gelosia e dall’egoismo possessivo, l’appartenenza diventa dipendenza, il servizio degenera in prestazione. Tutto questo genera paura che spinge a fuggire gli uni dagli altri per il timore di diventare oggetto nelle mani che ci sembrano sempre più estranee. Dove abita lo Spirito Santo si respira il profumo della libertà, si sente il desiderio di aprire il cuore all’ascolto, si gusta il sapore della gioia e si avverte il piacere del contatto.   

Signore Gesù, ti lodiamo perché, fedele alla tua promessa di non lasciare orfani i tuoi figli, abiti nel cuore dei tuoi discepoli. Tu, Buon Pastore, radunaci nell’unità della fede e rinsalda i legami della comunione nella carità. Intercedi per noi presso il Padre e insegnaci a pregare con i tuoi sentimenti di Figlio. Il soffio dello Spirito accarezzi il viso solcato dalle lacrime di sofferenza, suggerisca parole di consolazione che scende come balsamo sulle ferite inferte dalle prove della vita, dia vigore alle braccia infiacchite dallo scoraggiamento. Come fuoco il tuo Spirito faccia ardere di speranza il cuore affinché, purificato dal peccato, chi ha smarrito il senso del proprio esistere lo ritrovi nel servizio gioioso ai fratelli. Donaci, Signore, il coraggio di andare incontro ai fratelli con volto sereno per colmare con l’amicizia le distanze che ci separano. Ispira alla tua Chiesa la sapienza e la prudenza dei pellegrini perché riusciamo a fare strada insieme sulle vie del mondo. Rinnova il prodigio della Pentecoste perché, armonizzando le differenze, ciò che ci distingue non ci contrapponga in inutili ostilità ma arricchisca il nostro bagaglio di umanità e accresca il tesoro di spiritualità.