Questi fantasmi! – Venerdì della IV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Questi fantasmi! – Venerdì della IV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

4 Febbraio 2022 0 Di Pasquale Giordano

Venerdì della IV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Sir 47,2-13   Sal 17

+ Dal Vangelo secondo Marco (Mc 6,14-29)

Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto.

In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». Altri invece dicevano: «È Elìa». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!».

Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.

Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto.

E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

Questi fantasmi!

I prodigi compiuti da Gesù gli fanno guadagnare una fama tale che non si ferma tra il popolo ma raggiunge anche i palazzi del potere. Si moltiplicano le interpretazioni sulla identità reale del Nazareno ed Erode è convinto che lo spirito del Battista si sia incarnato in qualche modo in Gesù. Giovanni Battista incalza più da morto che da vivo. È il senso di colpa che grida dal fondo della sua coscienza che fa parlare Erode in quel modo. La coscienza è come la sala di regia. Da essa dipende la gestione delle nostre scelte. Spetta a noi decidere a chi affidare il comando della nostra coscienza, alla paura o alla fiducia. Erode è ossessionato da ciò che è avvenuto nel giorno in cui prima di farla perdere a Giovanni l’ha perduta lui la testa lasciandosi prendere dall’orgoglio prima e poi dalla paura. Può capitare a noi ciò che è accaduto ad Erode. La vicenda rivela che nessuno è il male assoluto e che  in ciascuno, accanto alla tendenza al male c’è anche quella verso il bene. Erode, benché fosse oggetto di duri attacchi da parte del Battista a causa della sua condotta morale peccaminosa, faceva di tutto per proteggerlo dalle intenzioni omicide di sua moglie e lo ascoltava. Quello che Erode pensava fosse il suo punto di forza si rivela invece il suo punto debole. Egli che voleva difendere Giovanni non riesce a proteggere sé stesso. La troppa sicurezza di sé lo porta ad essere maggiormente vulnerabile e ricattabile. Ed è quello che accade nel giorno in cui pur di non perdere la faccia acconsente a far perdere la vita ad innocente. Il vero dramma è l’essere giudici implacabili di noi stessi. La coscienza guidata dalla paura ci condanna al rimorso. La mente si popola di fantasmi quanti sono i sensi di colpa che si moltiplicano facendo della vita un inferno insopportabile. Eppure una soluzione c’è: convertirsi alla misericordia. I discepoli di Giovanni diedero una sepoltura al suo corpo. Avere misericordia verso sé stessi significa affidare alla terra le proprie miserie, mettersi a nudo per lasciarsi riconciliare. In fondo il perdono è il dono più bello che ci può essere fatto nella vita. Questa è la verità che il cuore di ciascuno cerca ma che quello di Erode ha lasciato cadere nel vuoto.

Signore Gesù, tocca e sana la mia coscienza liberandola dalla morsa della paura. Tu che sei l’amen di Dio aiutami a resistere ad ogni forma di orgoglio che mi induce a vivere come se tu non ci fossi e non mi amassi. La tua Parola apra ferite profonde nella mia presunzione di autosufficienza, metta in discussione i miei ambiziosi progetti egolatrici, riporti sul terreno del realismo le mie idee campate in aria. Il mio cuore possa rallegrarsi nel sentire la tua voce e la mia sia la testimonianza gioiosa di chi annuncia non il ritorno di un morto ma la presenza viva di te, Crocifisso Risorto.