Le condizioni per vivere l’apprendistato della santità – Mercoledì della XXXI settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Le condizioni per vivere l’apprendistato della santità – Mercoledì della XXXI settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

3 Novembre 2021 0 Di Pasquale Giordano

Mercoledì della XXXI settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Rm 13,8-10   Sal 111  

+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 14,25-33

Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:

«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.

Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.

Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

Le condizioni per vivere l’apprendistato della santità

Gesù detta le condizioni per le quali dirsi suoi discepoli e al contempo ne traccia i lineamenti essenziali. Il cristiano è discepolo se è disposto ad imparare dal Maestro il cui insegnamento non è riducibile a nozioni astratte ma verte essenzialmente sulla relazione spirituale con lui. Nel rapporto con Gesù è coinvolto innanzitutto il cuore affinché il discepolo possa fare suoi i sentimenti del Maestro. Luca usa il verbo «odiare» o «detestare» ma che, per non urtare la sensibilità del lettore, il traduttore ha reso con «amare più di me». Essere cristiano comporta sempre una crisi, ovvero una scelta netta e radicale che segna una rottura definitiva con l’uomo vecchio segnato da logiche mondane che appartengono al passato. Scegliere di amare Gesù significa puntare in alto con la conseguenza di ordinare verso di Lui tutti gli altri beni, effettivi e affettivi, che compongono la nostra vita. L’amore a Gesù non esclude quello alle persone più care ma, al contrario, lo ancora saldamente a Colui che ci ama per primo ed è la fonte dell’Amore. Mettere Gesù prima di qualsiasi altra cosa vuol dire porlo a fondamento e presupposto di ogni scelta d’amore; significa rinunciare a recitare nella vita la parte del protagonista per affidarla invece allo Spirito Santo. È Lui che guida, orienta, sostiene, corregge il tiro affinché possiamo fare della nostra vita un dono per gli altri e vivere veramente come il Maestro insegna. Lo Spirito Santo è il nostro Maestro interiore che ci aiuta a discernere le scelte più opportune al fine di rimanere sulla strada della nostra vocazione alla sequela di Cristo e giungere con Lui alla gloria, ovvero alla misura alta dell’amore. L’obbiettivo è diventare santi e per raggiungerlo Gesù ci avverte di fare bene i calcoli e valutare le condizioni, la prima delle quali è la necessità di accettare di essere derisi, vilipesi, perseguitati, non accettati, contrastati nella volontà di aderire a Cristo e vivere come Lui. Gesù mette in chiaro che essere cristiani non significa mettere al sicuro la propria vita ma metterla in gioco insieme a Lui. C’è un rischio da correre e prove da attraversare, ma ci assicura di essere accompagnati sempre da Lui che ci guida. Il vero fallimento sarebbe lasciare il cammino cristiano iniziato perché ci ritroviamo sprovvisti di quella forza necessaria per andare avanti, fino al compimento del nostro destino, che è lo Spirito Santo.

Signore Gesù, maestro e guida sulla via della santità, indicami sempre la vetta dell’amore verso cui orientare il desiderio del cuore perché le logiche mondane non corrompano il legame spirituale che mi unisce a Te e le resistenze, opposte da coloro che sono estranei alla fede, non mi scoraggino nel proseguire la sequela dietro a Te. Donami il tuo Spirito di prudenza e di saggezza perché, rifuggendo la tentazione di anteporre le mie attese al tuo volere, possa discernere la tua volontà subordinando ad essa la mia. Fammi sentire il tuo sostegno nella solitudine, il tuo incoraggiamento quando avverto il senso di impotenza o di fallimento. Alimenta la speranza nella delusione e fa ardere il cuore della tua carità per orientarmi nell’incertezza di fronte alle scelte importanti della vita e all’assunzione di responsabilità di servizio.