Vita amata, Vita donata, Vita Eterna – SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO B) – Lectio divina

Vita amata, Vita donata, Vita Eterna – SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO B) – Lectio divina

2 Giugno 2021 0 Di Pasquale Giordano

Vita amata, Vita donata, Vita Eterna – SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO B)

Es 24,3-8   Sal 115   Eb 9,11-15   

+ Dal Vangelo secondo Marco Mc 14,12-16.22-26

Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue.

Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».

Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». 

I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

Lectio divina

La pagina del vangelo scelta per la festa del Corpus Domini racconta il segno compiuto da Gesù nell’ultima cena nel contesto della festa della Pasqua chiamata anche degli Azzimi. Nel giorno in cui si immolavano gli agnelli al tempio per la Pasqua i discepoli chiedono a Gesù dove preparare il banchetto pasquale. Gesù dà istruzioni precise a due dei suoi discepoli i quali, entrati in città devono seguire un uomo che porta una brocca d’acqua che li condurrà ad una casa al cui padrone chiedere la disponibilità della sala al piano superiore dove poter mangiare la Pasqua. Tre elementi dobbiamo sottolineare. Il primo riguarda Gesù che appare sempre più protagonista attivo degli eventi anche se Giuda e i capi tramano alle sue spalle fino a determinarne la morte. Le parole di Gesù offrono indicazioni molto precise sul luogo e sulla modalità di preparare la cena pasquale. I discepoli non sono incaricati di cercare l’agnello da immolare al tempio, ma di preparare la stanza dove poter mangiare insieme la Pasqua. I discepoli devono predisporre soprattutto sé stessi vivendo gli aventi guidati dalla parola profetica di Gesù. un terzo elemento di rilievo sono i personaggi a cui fa riferimento Gesù: l’uomo con la brocca d’acqua che viene incontro ai due discepoli e che indica loro la strada verso la casa, e il padrone che ha il compito di indicare la stanza al piano superiore dove preparare la cena. L’uomo con la brocca d’acqua è un segno per i discepoli. Probabilmente si tratta di un uomo appartenente alla comunità degli esseni che è una setta dalla forte connotazione spirituale ma anche critica nei confronti del tempio e dei sacerdoti. 

Il brano liturgico è monco della pericope in cui, mentre si consuma la cena, Gesù svela il suo destino di morte e annuncia il tradimento per mano di uno dei Dodici (vv. 17-21). Il suo obbiettivo è quello di presentare quanto sta per accadere. Si sottolinea la rottura che avviene tra «uno di voi» e la comunità. La rivelazione fatta in un contesto conviviale che vorrebbe esprimere la comunione dei suoi membri ha un effetto deflagrante perché mette in luce una frattura che è nascosta sotto la formalità del rito. Cosa ne sarà del messaggio di speranza che i Dodici, nel loro insieme, dovevano offrire al popolo d’Israele? In contesto in cui sembra che sta per avvenire il contrario della speranza che nutrivano le aspettative messianiche in cui i nemici sarebbero stati messi nelle mani del Cristo, Gesù annuncia che il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei nemici, come per altro era stato predetto dai profeti. La Pasqua era stata riempita di contenuti in linea con le speranze mondane di riscatto ed emancipazione, ma era stata al contempo svuotata del valore escatologico e salvifico a cui invece avevano richiamato i profeti. Il segno di Gesù sul pane e sul vino riconduce il significato degli eventi pasquali che vedono Gesù come protagonista nel solco della rivelazione di Dio. 

Gesù compie dei gesti a cui seguono parole che ne rivelano il senso. Durante la cena Gesù prende il pane azzimo, recita la preghiera di benedizione, lo spezza e ne distribuisce ai discepoli. Spezzare il pane non è tanto propedeutico alla condivisione con i suoi, ma indica la consegna che Gesù fa di sé stesso nelle mani dei suoi uccisori e in quelle dei suoi discepoli. Lo spezzare il pane rivela la logica dell’amore che si attua nel dono di sé sulla croce. Il gesto d’intingere il boccone nel piatto del Maestro è il segno rivelatore del tradimento di Giuda che spezza il legame fraterno con Gesù e con gli altri discepoli. Lo spezzare il pane è segno dell’azione di Gesù di riunire la comunità nel vincolo dell’amore. Non il pane in quanto tale, ma quello spezzato da lui rende visibile la logica di vita che i discepoli sono invitati a condividere. Prendere il pane spezzato significa accogliere il dono di Gesù che trasforma la vita rendendola a sua volta un dono per i fratelli. Nelle mani di Gesù il pane azzimo non è solo il pane dell’afflizione o della redenzione. Non ricorda solamente l’umiliazione della schiavitù e la libertà operata con l’esodo. Il pane spezzato anticipa una novità che porta a compimento il progetto di Dio di fare con l’uomo un’alleanza nuova ed eterna. Infatti, il calice, sul quale Gesù pronuncia la preghiera di ringraziamento, è passato tra loro dai discepoli partendo da Gesù: tutti bevono allo stesso calice. Il calice anticipa il versamento del sangue per mano del traditore ma il cui valore risiede nelle parole di Gesù: è il sangue dell’alleanza per molti. Il richiamo è a Es 24,8 che leggiamo come prima lettura. Mosè versa il sangue sull’altare e ne asperge il popolo per indicare la stipula di un patto di vita tra Dio e Israele. Il sangue dell’alleanza non ha un valore espiatorio o di purificazione, ma di comunione, ovvero di adesione sponsale. Bere allo stesso calice significa accettare questa proposta di comunione che Dio fa all’uomo. La seconda lettura, tratta dalla lettera agli Ebrei legge nel sangue sparso sulla croce l’inaugurazione di un nuovo culto, quello mosso dallo Spirito, che, come per Gesù, non consiste nell’offrire carne e sangue di animali, ma la propria vita insieme a quella di Cristo. L’eucaristia è il nuovo rito nel quale si attualizza l’unico e definitivo sacrificio di Cristo che ha aperto la strada verso la vita eterna e il banchetto celeste.