La fede non sia ipocrita – Martedì IX settimana del T. O. – San Giustino

La fede non sia ipocrita – Martedì IX settimana del T. O. – San Giustino

1 Giugno 2021 0 Di Pasquale Giordano

Martedì IX settimana del T. O. – San Giustino

Tb 2,9-14   Sal 111  

+ Dal Vangelo secondo Marco Mc 12,13-17

Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio.

In quel tempo, mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. 

Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?». 

Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono. 

Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio». 

E rimasero ammirati di lui.

La fede non sia ipocrita

Nell’ultima settimana della vita di Gesù sono concentrati alcuni incontri, tra cui quello con una delegazione composta da farisei ed erodiani. Sono due categorie di persone molto differenti tra loro; i primi stretti osservanti della legge che mal digeriscono l’ingerenza dell’imperatore romano nelle questioni religiose, i secondi invece sono filogovernativi. Essi pongono la questione sulla liceità del tributo da pagare all’imperatore. Gesù è chiamato in causa, a dispetto di quello che affermano all’inizio, non perché lo rispettino e ne ammirino la sapienza, ma per avere un motivo per accusarlo. In altri termini, essi sono veramente ipocriti perché nascondono il loro reale volto e le loro intenzioni dietro la maschera di coloro che vorrebbero essere illuminati da una parola autorevole che indichi loro la cosa giusta da fare. In realtà essi vogliono che Gesù, sbilanciandosi da una parte o dall’altra, si schieri. Anche noi siamo esposti alla tentazione tante volte quando siamo contattati o siamo depositari di confidenze e indotti a prendere una posizione a favore o contro qualcuno. Gesù, anche se è chiamato in causa come una sorta di giudice, non sta al gioco e, rifiutandosi di giudicare sulla liceità del tributo, eleva il discorso da un piano politico e sociale a quello teologico e antropologico. Proprio perché Gesù insegna la via di Dio secondo verità, egli non si ferma all’apparenza o alle questioni secondarie, come sono quelle legate alla logica della spartizione del potere, ma punta dritto alla verità e va al cuore delle cose. Il suo ragionamento non è elaborato in astratto o per partito preso, ma parte dal contatto con la realtà. Per questo vuole vedere la moneta del tributo. C’è un’evidenza riconosciuta da tutti; l’immagine e l’iscrizione appartengono all’imperatore. Così ogni uomo, secondo il racconto della Genesi, è l’immagine di Dio e porta il suo nome. Il denaro è di Cesare mentre l’uomo appartiene a Dio. Spesso questa verità la nascondiamo a noi stessi anteponendo all’appartenenza a Dio Padre la dipendenza altre cose. La vera fede non contrappone le persone in nome di una ideologia o di una specifica appartenenza partitica, ma riconosce al di là delle differenze, il comune legame filiale a Dio che ci fa fratelli. La fede non orienta le scelte partitiche ma quelle esistenziali che determinano il fine per cui vivere. 

Signore Gesù, Maestro di vita, insegnami a sfuggire alla tentazione della partigianeria, anche quella che indossa la casacca della fede, che fa degenerare l’impegno per la giustizia sociale in lotta ideologica. Donami la tua sapienza perché, superando ogni personalismo, possa cercare la verità e seguire le sue indicazioni che portano a trovare sempre un punto di incontro con chi ha visioni diverse e anche opposte alla mia. Perdona la mia ipocrisia quando nascondo l’orgoglio, l’egoismo, l’ambizione, dietro la maschera delle buone maniere, dell’apparente obbedienza o dell’attivismo pastorale. Rendi sempre più pura la mia coscienza perché alla rettitudine delle intenzioni, ispirate dallo Spirito, seguano coerenti scelte pratiche che manifestino con chiarezza di essere figlio di Dio e della Chiesa.