Vestiti a festa – Giovedì XX settimana del T.O.

Vestiti a festa – Giovedì XX settimana del T.O.

20 Agosto 2020 0 Di Pasquale Giordano

Giovedì XX settimana del T.O.

Gdc 11,29-39   Sal 39  

+ Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 22,1-14)

Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.

In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 

«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 

Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 

Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 

Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 

Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Vestiti a festa

Il cammino di Gesù è giunto a Gerusalemme dove subito è emersa la contraddizione nell’accoglienza della folla che lo inneggia come profeta e quella di chi complotta perché muoia. Vengono narrate tre parabole nelle quali si mette in evidenza l’attenzione riservata ai profeti e la risposta data alla Parola di Dio di cui sono annunciatori. Nella prima viene delineata la figura del vero credente che, come il figlio inizialmente riluttante, obbedisce facendo la volontà del padre e andando a lavorare nella vigna; il falso credente è invece come il primo figlio che solo a parole è fedele al padre, mentre nei fatti gli volta le spalle. Nella seconda parabola s’inizia a denunciare il motivo della disobbedienza e le sue conseguenze. Disobbedire significa appropriarsi di ciò che si dovrebbe amministrare. L’avidità e l’orgoglio portano al rifiuto dei servi del padrone inviati a raccogliere i frutti e richiamare i vignaioli alla loro responsabilità. La concupiscenza porta persino ad uccidere. Infine, la terza parabola vede come protagonista, dopo il padre dei due figli e il padrone della vigna a cui viene ucciso persino il figlio, il re che organizza per i suoi sudditi la festa in occasione delle nozze del suo figliolo. Come nella seconda parabola, entrano in scena i servi che sono inviati per invitare alla festa, ma essi ricevono indifferenza, dinieghi, opposizioni e persino atti di violenza. 

Le nozze sono il simbolo dell’alleanza con Dio che come re buono non desidera altro che condividere la sua gioia nella festa. Le preoccupazioni del mondo, gli affari spengono nei sudditi il desiderio di partecipare alla gioia del loro Signore. Quanta stoltezza c’è nel rifiutare la condivisione della gioia, la grazia di Dio, perché ripiegati su se stessi alla ricerca di surrogati di pace e felicità. Il rifiuto della grazia di Dio ci imbruttisce, ci rende bestie fameliche che credono di risolvere ogni problema con la violenza.

Dio non si arrende rivolgendo l’invito a tutti. I discepoli di Gesù sono inviati al mondo intero perché tutti possano essere raggiunti dalla parola di Dio che li chiama a fare festa con Lui. La Chiesa accoglie tutti, perché tutti sono chiamati, cattivi e buoni. Essere nella Chiesa non significa automaticamente partecipare alla festa perché bisogna vestirsi dell’abito nuovo che il re dà agli invitati. Accogliere l’invito di Dio, offerto a prescindere dalla provenienza, dai meriti o colpe, dalla mentalità, dalla cultura, dalla fede professata o non professata, richiede di indossare la veste nuova. Per vivere la festa è necessario fare proprie le virtù di Dio, cioè permettergli di rivestirci del suo Spirito affinché la nostra umanità, brillando per mitezza, pazienza, benevolenza, misericordia, rifletta la straordinaria bellezza di Dio. 

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!