Provare sulla propria pelle la Carità di Dio – Venerdì della XII settimana del Tempo Ordinario

Provare sulla propria pelle la Carità di Dio – Venerdì della XII settimana del Tempo Ordinario

26 Giugno 2020 0 Di Pasquale Giordano

Venerdì della XII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

2Re 25,1-12   Sal 136  

+ Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 8,1-4) 

Se vuoi, puoi purificarmi.

Quando Gesù scese dal monte, molta folla lo seguì. 

Ed ecco, si avvicinò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi». 

Tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio: sii purificato!». E subito la sua lebbra fu guarita. 

Poi Gesù gli disse: «Guàrdati bene dal dirlo a qualcuno; va’ invece a mostrarti al sacerdote e presenta l’offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro».

Provare sulla propria pelle la Carità di Dio

Dopo il discorso della montagna Gesù è seguito da una folla numerosa. Essere seguace di Gesù significa fare esperienza diretta della misericordia di Dio. Ciò che attira la gente è l’autorità con la quale Gesù insegna. Il suo insegnamento appare credibile perché in lui parole e gesti sono coerentemente connessi tra loro in modo da rivelare il volto misericordioso del Padre che viene incontro all’uomo ed entra in relazione con lui se egli gli fa spazio.

Il lebbroso rappresenta la categoria dei poveri di spirito ai quali viene rivelato che già posseggono il regno di Dio, cioè già appartengono al Padre. Sebbene il lebbroso, per la sua malattia, fosse escluso dalla comunità e dalla possibilità di offrire il culto, egli invoca l’aiuto di Gesù chiamandolo Signore. Egli non è come quelli che rivolgendosi a Gesù dicono: «Signore, Signore» ricordandogli tutto quello che hanno fatto nel suo nome. Il lebbroso riconosce in Gesù il Signore e con delicatezza, appellandosi alla sua volontà insindacabile, gli chiede di essere purificato. 

Il lebbroso è veramente povero in Spirito perché antepone alla sua volontà quella di Gesù. La volontà di Dio si rivela nelle parole e nei gesti di Gesù: la riconciliazione. È infatti questa la volontà di Dio! Per realizzare questa volontà Gesù si avvicina ed entra in contatto con il lebbroso, cosa che agli uomini comuni non era permesso e gli stessi non facevano per paura di essere contagiati dalla malattia. 

L’amore non ha paura di essere contagiato dalla povertà, ma tutto ciò che l’amore tocca passa dalla morte alla vita. L’effetto della guarigione è la possibilità ritrovata di esercitare il servizio del culto e fare la propria offerta a Dio. Non si tratta semplicemente di riti tradizionali senza significato. La guarigione, cioè il perdono ricevuto, ha come effetto non solo la pratica di una devozione ma il fatto di vivere pienamente la fede, quale relazione filiale col Padre, e di fare della propria vita una preghiera intesa come professione di fede. 

Come Dio vive l’amore per l’uomo sulla propria pelle, così anche colui che si lascia sanare dal Signore sperimenta sulla sua pelle la grandezza dell’amore di Dio.

Nel culto ritrovato celebriamo e confessiamo la bellezza dell’amore di Dio che sana e restituisce all’uomo la possibilità non solo di fare un’offerta ma soprattutto di essere un’offerta a Dio e a vantaggio dei fratelli. Questo è un insegnamento per i sacerdoti che corrono il rischio di trincerarsi dietro il servizio cultuale pensando di aver esaurito la propria missione. Invece un uomo toccato dalla mano di Dio, riconciliato, e perciò sanato dalla Sua grazia, diventa segno eloquente per i ministri dell’altare di essere a servizio della misericordia di Dio e non presunti proprietari e gestori. 

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!