Il senso di appartenenza e il rischio di essere di parte – Giovedì della XII settimana del Tempo Ordinario

Il senso di appartenenza e il rischio di essere di parte – Giovedì della XII settimana del Tempo Ordinario

25 Giugno 2020 0 Di Pasquale Giordano

Giovedì della XII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

2Re 24,8-17   Sal 78  

+ Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 7,21-29)

La casa costruita sulla roccia e la casa costruita sulla sabbia.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 

«Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”.

Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».

Quando Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi.

Il senso di appartenenza e il rischio di essere di parte

«Entrerà nel regno dei cieli chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli». Gesù riassume con queste parole il primo discorso nel vangelo secondo Matteo. Il regno dei cieli altro non è che Dio stesso; entrare in esso significa sostanzialmente appartenere al Padre come suo figlio e realizzare la rete della comunione fraterna che è la Chiesa. Dunque, la felicità non consiste nel possedere qualcosa ma nell’appartenere a Dio e nel custodirci reciprocamente tra fratelli nell’amore. 

Un’applicazione pratica di questo avvertimento evangelico la fa Paolo parlando ai Corinti (1Cor 3) ai quali «come a neonati in Cristo», essendo ancora molto legati ai ragionamenti tipicamente umani, ha potuto dare da bere il latte piuttosto che il cibo solido. L’apostolo mette in guardia i Corinti dal fraintendimento che ci può essere nella comunità cristiana quando si confonde il senso di appartenenza con l’essere di parte. Tale confusione genera invidie e discordie che deformano il volto della Chiesa, la quale da edificio fondato su Cristo diventa una realtà basata su quelli che pretendono di prenderne il posto. Infatti, la chiesa della città greca di Corinto era attraversata da profonde divisioni e rivalità causate da atteggiamenti partigiani di coloro che si vantavano di seguire uno dei capi della comunità Apollo o Paolo o Cefa.

Paolo, quasi facendo eco alla risposta che il Signore da a coloro che gli dicono: Signore, Signore, noi nel tuo nome abbiamo profetato, abbiamo cacciato i demoni e abbiamo fatto prodigi, ricorda che nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. Dunque, sembra ribadire l’apostolo delle genti, la prima condizione per essere giusti e praticare la giustizia è porre a base della propria vita la relazione con Gesù. Su questo fondamento si poggia tutta l’opera del cristiano, dalle piccole alle grandi cose. Chi fonda la sua vita su Cristo e si unisce a Lui conformando la propria vita alla sua, egli stesso si lascia edificare come pietra viva insieme con gli altri per formare il tempio di Dio. Esso risplenderà per l’armonia tra i vari elementi architettonici piuttosto che per la bellezza di un singolo elemento. Così la volontà del Padre si realizza quando c’è fraternità e comunione tra l’autorità e il popolo di Dio. 

Chi ha un compito particolare nella Chiesa, che sia quello d’insegnare o evangelizzare, oppure di guarire e santificare, qualsiasi sia il ministero deve ricordare che siamo «collaboratori di Dio» perché solo Lui fa crescere. Sostituirsi a Dio significa condannarsi e condannare altri alla rovina.

Le prove della vita, che Gesù identifica con le intemperie metereologiche, si abbattono su tutti indistintamente. Paolo preferisce usare l’immagine del fuoco che rivela se la nostra opera nasce dalla relazione con Gesù o dall’autoreferenzialità. 

Le invidie, le gelosie, le calunnie, i tradimenti, i giudizi ingiusti, le critiche cattive, le insinuazioni maligne colpiscono chiunque, tuttavia sono rivelative del fatto che la fede, le scelte di servizio, l’impegno missionario l’abbiamo poggiato su Cristo o su noi stessi, ovvero abbiamo messo in pratica la volontà di Dio o la nostra. Rimane saldo e continua nel tempo ciò che nasce dal cuore di Dio, roccia della nostra salvezza, cade, passa e scompare tutto ciò che si basa sulla sabbia della nostra presunzione e autoreferenzialità.

Auguri a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!