Nell’Eucaristia lo “scambio” diventa “cambiamento” e la “trasformazione” una nuova “Trasfigurazione” – SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO A)

Nell’Eucaristia lo “scambio” diventa “cambiamento” e la “trasformazione” una nuova “Trasfigurazione” – SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO A)

14 Giugno 2020 0 Di Pasquale Giordano

SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO A)

Dt 8,2-3.14-16   Sal 147   1Cor 10,16-17   

+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,51-58) 

La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

In quel tempo, Gesù disse alla folla:

«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».

Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Nell’Eucaristia lo “scambio” diventa “cambiamento” e la “trasformazione” una nuova “Trasfigurazione”

La prima lettura, tratta dal libro del Deuteronomio, ci offre due indicazioni preziose che sono un unico imperativo vitale per l’uomo: ricordare e non dimenticare. Il ricordo non è esercizio di nostalgia, ma è ricondurre al cuore quello che si vive rintracciando negli eventi, soprattutto quelli più difficili, il filo rosso della compagnia di Dio. Ricordare è un pellegrinaggio interiore col quale entriamo nel deserto che ci abita ripercorrendo con la mente il sentiero tracciato dalle orme che Dio lascia camminando insieme a noi. 

Dio ci ordina di ricordare, cioè di dilatare lo spazio del desiderio dell’incontro con Lui. Nella memoria dell’uomo rimangono impressi i segni del dolore e della gioia, la sofferenza della propria povertà e la beatitudine della carità. 

Il ricordo, che diventa preghiera, permette ancora una volta d’incontrare il Signore e sperimentare la sua premura di Padre che si prende cura del suo popolo. L’uomo ricorda attraverso il rito, fatto di gesti e di parole, e ricordando fa festa, cioè rivive la gioia di essere amato da Dio. È Lui che organizza la festa per l’uomo e lo invita a parteciparvi. L’incontro con Dio è sempre una festa perché la vita che ha in sé la dona con abbondanza come fa lo sposo che prepara un banchetto ricco di vivande in occasione delle sue nozze.

Dio che trasforma la schiavitù in libertà, il deserto in un giardino, la morte in vita, il lutto in gioia, la sterilità in fecondità, cambia anche la nostra vita. Tutto nasce e rinasce dalla bocca di Dio. Sin dal racconto delle origini Dio usa la bocca per donare il suo alito di vita e fare dell’uomo, tratto dalla terra arida e sterile, un essere vivente, capace di amare. 

Il deserto è una terra arida senz’acqua, priva di vita. Dal deserto non si può trarre nulla se non polvere, cioè ciò che il vento porta via. Adam, l’uomo tratto dalla terra e che è terra, non può vivere senza Dio. L’uomo di terra non può vivere solo da ciò che trae dalla terra, non vive di solo pane, cioè di quello che sazia i suoi bisogni e che può garantirsi attraverso il lavoro, ma vive se si lascia amare e ama. L’autosufficienza è una illusione inutile, è il delirio di chi vorrebbe essere solo al comando, di sé e degli altri.

La vita è un cammino che ci cambia in meglio o in peggio. Ci cambia in meglio se, lasciandoci amare, cresciamo come uomini e figli di Dio, in peggio se, dimenticandolo, pretendiamo di fare a meno di Lui regredendo così su posizioni che ci fanno assomigliare più alle bestie selvatiche che a persone. L’uomo viene deformato da ciò che accumula con avidità, ma si lascia educare come persona da ciò che accoglie con spirito filiale e di gratitudine. 

Dello Spirito di vita che esce dalla bocca di Dio si parla in tutta la Bibbia perché attraversa tutta la storia dalla salvezza. Dal racconto della creazione fino alla narrazione dell’esodo, passando per l’azione dei profeti, si parla sempre dello Spirito di Dio, lo Spirito di vita. Ogni pagina della Scrittura è un invito costante a mangiare e bere ciò che Dio offre. Tutta la creazione dice all’uomo: questo è dono per te, tutto è Grazia. Ricordare significa gustare e vedere quanto è buono il Signore e beato l’uomo che si rifugia nel Signore.

Gesù nel vangelo insiste nel dire di mangiare la propria carne. Nel linguaggio biblico la carne indica l’umanità fragile, soggetta alla sofferenza, vulnerabile. Diventando uomo Dio si è fatto mortale, debole, mancante. Prendendo la nostra carne Dio si è fatto povero con i poveri, pellegrino con i pellegrini, precario con i precari, vittima con chi subisce ingiustizie, sofferente con gli infermi. Dio ha piantato la sua tenda in mezzo alle nostre nel deserto per condividere il nostro dolore affinché noi potessimo partecipare della sua gloria. 

Gesù soffrendo la fame e la sete, subendo ingiustizie e condanne, mangia con noi il pane di lacrime, sopporta con noi la fatica nel proseguire sul cammino della vita, beve con noi il calice amaro delle tante umiliazioni. Un Dio compassionevole che condivide tutto con l’uomo, eccetto il peccato, non era stato ancora conosciuto, perché un amore così grande non era stato ancora sperimentato fino a quando Gesù Cristo, il Figlio di Dio, non è morto sulla croce. 

Nei nostri deserti, lì dove sentiamo la delusione di amori traditi, la rabbia per sogni infranti, la tristezza per ciò che ci manca, Dio ci viene incontro e prepara per noi un banchetto nel quale dà sé stesso. Alla mensa eucaristica si rinnova quel mistico scambio che chiamiamo comunione: Dio compassionevole prende su di sé la nostra povertà e con benevolenza dona la ricchezza della sua misericordia; dall’altra parte l’uomo accoglie con gratitudine la grazia di Dio e gli offre con umiltà la sua povertà. 

Nell’eucaristia lo scambio diviene cambiamento sostanziale e la trasformazione una trasfigurazione. I gesti rituali danno forma e significato a quelli esistenziali. La povertà, la sofferenza e la morte di Gesù sulla croce si trasformano per l’uomo in ricchezza di amore, in gioia nel donare e vita che genera. Sicché la comunione con Dio diventa comunione fraterna. 

Nell’Eucaristia avviene una nuova creazione in cui l’uomo diventa essere vivente perché capace di comunione. I suoi gesti quotidiani diventano segni eucaristici attraverso i quali giunge lo Spirito di Dio che ridona il sorriso a chi lo ha perduto, il coraggio allo sfiduciato, la salute agli infermi, la speranza ai delusi, la vita ai morti.

Auguro a tutti una felice domenica del Corpus Domini e vi benedico di cuore!