Grande è il guadagno di chi sa perdere – Venerdì della X settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari) – Sant’Antonio di Padova

Grande è il guadagno di chi sa perdere – Venerdì della X settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari) – Sant’Antonio di Padova

12 Giugno 2025 0 Di Pasquale Giordano

Venerdì della X settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari) – Sant’Antonio di Padova
2Cor 4,7-15 Sal 115

Dio onnipotente ed eterno,
che in sant’Antonio [di Padova]
hai dato al tuo popolo un insigne predicatore
e un patrono dei poveri e dei sofferenti,
fa’ che per sua intercessione
seguiamo gli insegnamenti del Vangelo
e sperimentiamo nella prova
il soccorso della tua misericordia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 2Cor 4,7-15
Colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi.

Fratelli, noi abbiamo un tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi. In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. Cosicché in noi agisce la morte, in voi la vita.
Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: «Ho creduto, perciò ho parlato», anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l’inno di ringraziamento, per la gloria di Dio.

Tribolazioni e speranze del ministero
Come il ministero di Gesù, anche quello di Paolo viene osteggiato. La «buona battaglia della fede» procura tante tribolazioni che feriscono «l’uomo esteriore» fino a farlo morire; ma esse non hanno il potere di mettere a tacere la parola di Dio e di spegnere il fuoco della vita. La fede è l’esperienza della partecipazione alla morte di Gesù per condividere con lui anche gli effetti della potenza dello Spirito che risuscita e rinnova «l’uomo interiore». Esso è il tempio che Dio stesso si costruisce perché vi abiti stabilmente e noi possiamo diventare la sua casa. Il ministero di Paolo è basato fondamentalmente sulla parola. La missione dell’apostolo, in quanto battezzato, scelto e inviato da Dio, è fondamentalmente «kerygmatico» perché il contenuto della predicazione è il Vangelo di Gesù, «morto, secondo le Scritture per i nostri peccati… e risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture» (1Cor 15). Credere per Paolo significa vivere profondamente l’amore di Dio, che converte il cuore con la sua misericordia, e proclamare con la vita donata per i fratelli la Carità di Cristo che risana le ferite dell’umanità segnata dal peccato.

Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5,27-32
Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.
Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio».

Grande è il guadagno di chi sa perdere
Il tema dell’adulterio acquista un peso sempre più importante man mano che si prende coscienza che la vita non consiste nel soddisfare i propri bisogni o realizzare i propri progetti, ma è essenzialmente una trama in cui s’intrecciano tantissimi fili relazionali. In questo tessuto ci sono nodi particolari da cui dipende la sua consistenza e la sua robustezza. La relazione con Dio e le relazioni familiari, prima fra tutte quella coniugale, sono l’ordito che regge tutte le altre. L’adulterio è un peccato particolarmente grave non perché infrange una regola culturale o si trasgredisce una legge imposta dall’esterno, ma perché ferisce profondamente la dignità umana e deturpa la bellezza propria dell’uomo fatto ad immagine e somiglianza di Dio. Nella prima benedizione data alla famiglia Dio indica la via della felicità. L’uomo lascerà suo padre e sua madre e aderirà a sua moglie e non saranno più due ma una sola carne, l’uomo non separi ciò che Dio ha unito. Dunque, l’adulterio è il rifiuto della benedizione di Dio e il ritornare a quello stadio di solitudine che caratterizza l’uomo immaturo e dipendente dal proprio istinto. L’adulterio è un regresso dell’umanità allo stadio bestiale. Gli animali e l’uomo hanno in comune il fatto di avere un corpo, ma la differenza sostanziale è come lo si usa. Chi ama con la grazia di Dio fa del proprio corpo un dono, chi invece si lascia portare dall’istinto fa del proprio corpo semplicemente uno scatolo da riempire, destinato a corrompersi. L’amore trasforma il nostro corpo mortale in corpo glorioso, come quello di Gesù, capace non solamente di riprodurre ma di procreare.
Gesù sembra mettere in guardia i suoi discepoli dagli effetti nefasti dell’avidità e della cupidigia. L’adulterio diventa l’approdo di un cammino fatto di ricerca di gratificazioni. Se si spende la vita solamente per accumulare si entra in un circolo vizioso che rende schiavi del piacere. Di qui l’invito di Gesù a cambiare mentalità e l’approccio a sé stessi. Non la frenesia a possedere ma la sapienza del rinunciare ci rende felici. Gesù non educa generazioni di perdenti e rassegnati ma si fa capofila dei sapienti e dei beati. Alla sua scuola s’impara a perdere. Questa capacità non è fine a sé stessa ma è propedeutica a quella vittoria che non otteniamo con i nostri soli sforzi, bensì con la grazia di Dio che agisce nel cuore dei poveri in Spirito.
Il cuore, sede ideale delle scelte che indirizzano la vita, non può essere lasciato incustodito, ma bisogna proteggerlo, separarlo da ogni influenza egoistica e narcisista. In questo modo troverà spazio la Parola di Dio attraverso la quale lo Spirito Santo agisce rinnovando il cuore.

Preghiamo
Signore Gesù, Tu che hai promesso la felicità piena ed eterna ai poveri in Spirito e la consolazione agli afflitti, insegnaci l’arte del perdere. Donaci la libertà del cuore affinché i nostri occhi, resi limpidi dalla tua Parola, possano contemplare la bellezza del creato e riconoscere l’inalienabile dignità di ogni persona. Lo Spirito Santo suggerisca pensieri puri da tradurre in gesti di umanità e misericordia. Apri la nostra mente a scoprire i tesori della Sapienza divina a cui attingere a piene mani in modo che accogliamo con gratitudine tutto come un dono della Tua benevolenza e diveniamo capaci di offrire con generosità quanto gratuitamente abbiamo ricevuto.