Servire ad occhi aperti – Martedì della XXIX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Servire ad occhi aperti – Martedì della XXIX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

20 Ottobre 2024 0 Di Pasquale Giordano

Martedì della XXIX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Ef 2,12-22   Sal 84

Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli.

Dio onnipotente ed eterno,

donaci di orientare sempre a te la nostra volontà

e di servirti con cuore sincero.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni Ef 2,12-22

Cristo è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola.

Fratelli, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo. Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo.

Egli infatti è la nostra pace,

colui che di due ha fatto una cosa sola,

abbattendo il muro di separazione che li divideva,

cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne.

Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti,

per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo,

facendo la pace,

e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo,

per mezzo della croce,

eliminando in se stesso l’inimicizia.

Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani,

e pace a coloro che erano vicini.

Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri,

al Padre in un solo Spirito.

Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.

Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.

E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».

«Non più due ma una sola carne»

Paolo, parlando ai membri della comunità cristiana di Efeso, ricorda la loro origine pagana e, in quanto tali, esclusi dalla prima alleanza che Dio aveva stipulato con Israele. Gli Israeliti, attraverso il segno della circoncisione, volevano attestare il loro legame di appartenenza all’unico vero Dio; era un legame esclusivo ed escludente perché la coscienza di essere il popolo eletto ingenera l’idea di essere anche l’unico popolo giusto. La novità di Gesù sta nell’aver abbattuto i confini dell’amore di Dio per includere tutti gli uomini. Morendo sulla croce Gesù ha distrutto il peccato che è la vera barriera che separa da Dio e divide gli uomini tra loro. La pace che Gesù ha inaugurato con il suo sacrificio è la pienezza della volontà di Dio: che tutti siano una cosa sola. Le braccia aperte sulla croce sono le porte del cuore di Dio spalancate ad accogliere tutti gli uomini. Innalzato da terra e intronizzato sulla croce, Gesù diventa il Re dei re, il Pastore dei Pastori ed attira tutti a sé perché si formi un unico popolo sotto un solo Signore. Credere in Gesù non significa solamente avere la consapevolezza di appartenere a Dio che si prende cura di noi e ci benedice con la pace, ma comporta che anche noi camminiamo gli uni verso gli altri per incontrarci come fratelli. Una è la via che conduce al Padre e una è la strada che ci congiunge nella pace: Gesù Cristo, via, verità e vita.

+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 12,35-38

Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.

Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.

E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».

Servire ad occhi aperti

La veste stretta ai fianchi è l’abbigliamento di chi è in cammino o che offre un servizio come lo è il discepolo di Gesù che è esortato a monitorare costantemente il suo cuore per tenerlo libero da ogni forma di avidità. Il pericolo di ingolfare il cuore di preoccupazioni inutili è reale. Perciò la fede non può prescindere dal servizio che per il cristiano non è una prestazione occasionale ma è uno stile permanente di vita che acquisisce strada facendo seguendo e imitando il suo Maestro.

La cupidigia, ovvero l’attaccamento ai beni materiali, induce ad accomodarci, a rifuggire la fatica e le rinunce per costruire relazioni autentiche con gli altri. L’amore responsabile richiede piuttosto di scomodarci, rischiare, lasciare le false sicurezze per andare incontro ai fratelli nei loro bisogni. Tuttavia, l’amore agli altri sarebbe un’emozione passeggera e il servizio un’esperienza di contratto a termine se non fossero alimentati dal desiderio d’incontrare il Signore. Il servizio supera la prova della delusione e della paura e l’amore diventa una scelta fondamentale di vita da cui derivano tutte le altre opzioni, se il suo primo e ultimo destinatario è Gesù.

La Parola di Dio è la lampada che il cristiano deve tenere accesa perché illumini la sua mente per discernere le povertà del nostro tempo, rischiari il suo cuore per confortarlo nella notte della prova, e posta in alto, permetta di vedere al di là dei nostri limiti e infonda speranza.

Il desiderio d’incontrare Gesù, sostiene l’attesa e alimenta in noi l’amore a Lui. Se siamo pronti ad aprire il cuore allo Sposo che bussa, che chiede di essere accolto e che ci parla, soprattutto nei poveri, sperimenteremo la dolcezza della sua ospitalità. Il Signore viene a salvarci non a giudicarci; come tale il Salvatore, lo Sposo dell’umanità, si presenta nei panni del Servo dei servi affinché possiamo scoprire che l’amore è servizio, che non c’è altra via per la felicità che quella del prendersi cura degli altri e che il ministero non è un lavoro da compiere o un compito da svolgere o ancora un precetto da assolvere, ma è un dono da condividere con gioia, è la festa da vivere insieme a Dio e ai fratelli.

Signore Gesù, sposo e fratello dell’umanità che sei venuto in mezzo a noi non per essere servito ma per servire e dare la vita, aiutami a liberare il cuore da tutto ciò che lo rende lento nel riconoscere Dio che bussa alla mia porta e chiede ospitalità. Alimenta con l’olio della carità la lampada delle opere di misericordia perché, impegnandomi a prendermi cura dei fratelli, impari a servirti con cuore semplice e gioioso. La tua Parola, custodita nel cuore, mi aiuti a vincere ogni tipo di rigidità, freddezza e meccanicismo, ma crei lo spazio nel quale lo Spirito Santo possa ispirarmi forme creative di carità fraterna.