Beata povertà, maledetta ricchezza – Mercoledì della XXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Beata povertà, maledetta ricchezza – Mercoledì della XXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

9 Settembre 2024 0 Di Pasquale Giordano

Mercoledì della XXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

1Cor 7,25-31   Sal 44  

O Padre, che ci hai liberati dal peccato

e ci hai donato la dignità di figli adottivi,

guarda con benevolenza la tua famiglia,

perché a tutti i credenti in Cristo

sia data la vera libertà e l’eredità eterna.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 1Cor 7,25-31

Ti trovi legato a una donna? Non cercare di scioglierti. Sei libero da donna? Non andare a cercarla.

Fratelli, riguardo alle vergini, non ho alcun comando dal Signore, ma do un consiglio, come uno che ha ottenuto misericordia dal Signore e merita fiducia. Penso dunque che sia bene per l’uomo, a causa delle presenti difficoltà, rimanere così com’è.

Ti trovi legato a una donna? Non cercare di scioglierti. Sei libero da donna? Non andare a cercarla. Però se ti sposi non fai peccato; e se la giovane prende marito, non fa peccato. Tuttavia costoro avranno tribolazioni nella loro vita, e io vorrei risparmiarvele.

Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo!

Kairos

Nel cap. 7 Paolo non fa una trattazione completa del matrimonio e della verginità ma presumibilmente risponde a delle domande su questioni specifiche. Tratta delle persone sposate, cioè della coppia cristiana e del matrimonio tra un cristiano e un pagano, e di quelle non sposate, ovvero delle vergini, dei fidanzai e delle vedove. Il principio generale che suggerisce l’apostolo è che ciascuno rimanga nella condizione nella quale si trovava quando è diventato cristiano. Tuttavia, non si tratta di una regola rigida ma di un principio che può guidare il discernimento della volontà di Dio sulla propria vita. Matrimonio e verginità non sono contrapposti tra loro ma complementari. L’amore sponsale è il fine dei vergini e la verginità è un valore importante per tutti gli sposi e i fidanzati. La sponsalità e la verginità sono infatti le caratteristiche dell’amore di Dio che dimostra e comunica all’uomo mediante Gesù Cristo. L’amore oblativo, casto e fecondo, è il tesoro più grande e il fine ultimo di ogni vita umana. Perciò Paolo, lungi dall’esigere l’indifferenza circa le realtà terrene, invita caldamente a evitare che ci si ingolfi in esse dimenticando il loro carattere strumentale e il valore relativo in rapporto a Cristo e al suo regno che sta instaurando.

+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 6,20-26

Beati i poveri. Guai a voi, ricchi.

In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:

«Beati voi, poveri,

perché vostro è il regno di Dio.

Beati voi, che ora avete fame,

perché sarete saziati.

Beati voi, che ora piangete,

perché riderete.

Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.

Ma guai a voi, ricchi,

perché avete già ricevuto la vostra consolazione.

Guai a voi, che ora siete sazi,

perché avrete fame.

Guai a voi, che ora ridete,

perché sarete nel dolore e piangerete.

Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».

Beata povertà, maledetta ricchezza

Il Vangelo, come ha indicato Gesù a Pietro, è l’invito a prendere il largo sciogliendo gli ormeggi della paura. Il Cristo, primizia dei risorti dai morti, si propone come nostra guida nel cammino della vita per giungere alla salvezza. La ricchezza, l’allegria, la sazietà, la buona fama non sono la salvezza ma solo un segno imperfetto della felicità piena che si raggiunge unicamente insieme al Signore, crocifisso e risorto. Lui non ci abbandona quando soffriamo la povertà ma ci soccorre con la Provvidenza, quando piangiamo per un lutto egli ci sostiene con la consolazione, quando sentiamo i morsi della fame egli non fa mancare il nutrimento. Tutto questo avviene nel contesto di una comunità fraterna e solidale nella quale tutti si lasciano provocare dal Vangelo e assumono come criterio di scelta la carità e non l’utile personale. 

Gesù ci indica e ci accompagna nel cammino della gioia ma ci mette in guardia dalle possibili devianze che ci portano fuori strada e lontano dalla meta. Una vita misera è meglio di una vita miserabile perché il povero è il primo destinatario del Vangelo come aveva annunciato Gesù nella sinagoga di Nazaret. Chi, pur nell’indigenza, confida nel Signore, si coinvolge nella comunità fraterna lasciandosi aiutare e mettendosi a servizio degli altri, sperimenta già nel presente la gioia della vita eterna. La felicità non è qualcosa che ci viene data ma è colui che ci chiama verso di sé per incontrarlo e abitare insieme. Chi ci ama non promette successo immediato, non garantisce guadagni abbondanti, non offre soluzioni magiche, ma si fa compagno di strada per sostenerci in ogni situazione della vita e per permetterci di giungere alla casa di Dio, dove Egli ci guida. La scelta tra Dio e gli idoli dipenderà dalla capacità di riconoscere la differenza tra il donare e il vendere, dalla volontà di ricevere e non di comprare l’amore, dall’offrire il mio servizio senza fissare un prezzo da pagare ma per far sperimentare la gratuità dell’amore di Dio che agisce in me. 

Signore Gesù, amante della vita, donami la luce della Speranza che mi raggiunge dalla risurrezione aldilà della morte, che mi permette di vedere il bene oltre l’apparenza della condizione di povertà o di ricchezza, che mi consente di godere la gioia oltre il pianto per un lutto o l’allegria festaiola, che mi fa gustare il sapore della fraternità oltre il dolore della fame o la sensazione di appagamento. Liberami dalla paura affinché non sia schiavo dell’avidità, succube dell’indifferenza, cultore dell’apparenza, egoista difensore dei miei interessi. Accresci in me la fede per aprire a Dio il mio cuore quando i problemi mi serrano la gola, per cercare la tua compagnia quando mi riconosco mancante e bisognoso di amore, per accogliere la tua Pace che colma i vuoti dell’anima.