Dove è la riconciliazione lì c’è la festa

Dove è la riconciliazione lì c’è la festa

22 Marzo 2019 Off Di Pasquale Giordano

Dove è la riconciliazione lì c’è la festa – Sabato della II settimana di Quaresima

Mi 7,14-15.18-20   Sal 102  

 

+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc 15,1-3.11-32)

Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita.

 

In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:

«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Il giorno di Pasqua le donne trovano ribaltata la pietra posta all’ingresso del sepolcro. Per alcuni quella pesante pietra è ancora lì a seppellire Dio sotto cumuli di pensieri negativi. La mormorazione dei farisei e degli scribi rivela la condizione di profonda tristezza in cui sono caduti sopraffatti dai loro pensieri giudicanti. Nella parabola essi sono rappresentati dal fratello maggiore che non appare quando il fratello più piccolo decide di andare via di casa, né assiste al suo ritorno perché, al contrario del padre, lui non lo desiderava, non lo attendeva, non lo credeva possibile. Interessato com’era al suo lavoro e a gestire i beni che il padre gli aveva affidato, poco gl’importava della vita di suo fratello. Il punto fondamentale è questo: si può essere talmente giusti formalmente al punto di “servire da tanti anni e non aver disobbedito ad alcun comando”, ma al contempo essere indifferenti al desiderio di riconciliazione che da sempre alberga nel cuore del padre e che poi anche il figlio prodigo matura. L’indifferenza e il ripiegamento su di sé possono essere nascosti da una parvenza di giustizia che rende tristi, negativi, rigidi, freddi, anaffettivi. Gesù viene accusato di essere un “buonista” che si accompagna a persone poco raccomandabili facendo con essi “tazza e cucchiaio”. Per essi, i detentori della verità, i paladini della giustizia, i difensori dei valori non negoziabili, i cultori della tradizione, l’atteggiamento di Gesù è inconcepibile. Con i nostri giudizi senza carità, con le nostre valutazioni miopi che scorgono solo il negativo, con le proiezioni sugli altri dei nostri vizi e debolezze soffiamo sulla piccola fiamma di un amore che ricomincia, spezziamo la canna incrinata di una relazione ferita ma che potrebbe essere curata, gettiamo ombre di diffidenza e rendiamo cupo e funereo l’ambiente domestico che abitiamo. Con questa parabola Gesù vorrebbe liberare dal buio funebre dei giudizi freddi e senza carità il Dio della gioia, che non si rassegna alla morte di un proprio figlio, ma lo desidera, lo attende e quindi, quando la sua creatura ritorna e gli manifesta la volontà di essere accolto in casa, lo riaccoglie con grande gioia. La festa è possibile perché si realizza il sogno del Padre.

 

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!