L’umiltà è la password per accedere al tesoro della salvezza – Giovedì V settimana di Pasqua

L’umiltà è la password per accedere al tesoro della salvezza – Giovedì V settimana di Pasqua

3 Maggio 2018 Off Di Pasquale Giordano

Dagli Atti degli Apostoli (15, 7-21)

Sorta una grande discussione, Pietro si alzò e disse loro: «Fratelli, voi sapete che, già da molto tempo, Dio in mezzo a voi ha scelto che per bocca mia le nazioni ascoltino la parola del Vangelo e vengano alla fede. E Dio, che conosce i cuori, ha dato testimonianza in loro favore, concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi; e non ha fatto alcuna discriminazione tra noi e loro, purificando i loro cuori con la fede. Ora dunque, perché tentate Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri né noi siamo stati in grado di portare? Noi invece crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati, così come loro».

Tutta l’assemblea tacque e stettero ad ascoltare Bàrnaba e Paolo che riferivano quali grandi segni e prodigi Dio aveva compiuto tra le nazioni per mezzo loro.

Quando essi ebbero finito di parlare, Giacomo prese la parola e disse: «Fratelli, ascoltatemi. Simone ha riferito come fin da principio Dio ha voluto scegliere dalle genti un popolo per il suo nome. Con questo si accordano le parole dei profeti, come sta scritto:

Dopo queste cose ritornerò

e riedificherò la tenda di Davide, che era caduta;

ne riedificherò le rovine e la rialzerò,

perché cerchino il Signore anche gli altri uomini

e tutte le genti sulle quali è stato invocato il mio nome,

dice il Signore, che fa queste cose, note da sempre.

Per questo io ritengo che non si debbano importunare quelli che dalle nazioni si convertono a Dio, ma solo che si ordini loro di astenersi dalla contaminazione con gli idoli, dalle unioni illegittime, dagli animali soffocati e dal sangue. Fin dai tempi antichi, infatti, Mosè ha chi lo predica in ogni città, poiché viene letto ogni sabato nelle sinagoghe».

 

Parola di Dio

 

Nel giorno in cui la Chiesa festeggia gli apostoli Filippo e Giacomo leggiamo un brano degli Atti degli Apostoli in cui Luca riporta gli interventi di Pietro e Giacomo circa la questione delle condizioni per le quali accogliere nella Chiesa coloro che chiedono il battesimo provenendo dal paganesimo. Questo problema oggi ci fa interrogare sullo stile di accoglienza di coloro ai quali la parola del vangelo ha acceso la fede e, con essa la speranza di essere aiutati da Dio per diventare persone migliori e felici. I rigoristi che reclamano la necessità di imporre come condizione d’ingresso l’applicazione della legge di Mosè in definitiva pretendono di imporre un giogo che essi stessi, da ebrei praticanti, non sono riusciti a portare del tutto; si chiede ad altri una perfezione morale che essi stessi non hanno. Il grave errore è quello di mettere la morale prima della fede. La fede è un cammino di maturazione ed è un dono gratuito di Dio non dato ai perfetti, ma offerto e accolto solo da chi riconosce di aver bisogno di convertirsi. Gli “ultras” della legge di Mosè corrono il rischio di non essere consapevoli delle loro fragilità di cui la misericordia di Dio si prende cura; non accettando i loro limiti, considerano quelli degli altri ostacoli per l’adesione di fede a Dio e l’appartenenza alla Chiesa. In verità la Chiesa non è la comunità dei migliori ma di coloro che si lasciano accompagnare e aiutare dal Signore per esserlo. L’unica condizione richiesta è la fiducia nella bontà di Dio Padre che ama tutti i suoi figli. Giacomo non pone delle condizioni ma evidenzia le esigenze di un cammino di fede che sia veramente un’esperienza di cambiamento del cuore. Ecco dunque che la Chiesa non ha dogane, tuttavia offre criteri di discernimento e si fa compagna nel cammino di crescita umana e spirituale.

 

Auguro a tutti una serena giornata vi benedico di cuore!